giovedì 17 luglio 2014

DALL'ATOMO AL FOTOVOLTAICO ALLA CONFUSIONE

In pochi anni l'Italia è passata da una politica energetica fossile-atomica, il referendum sul nucleare è del 2011, ad una fossile-rinnovabile, forti incentivi soprattutto per il fotovoltaico. Nel primo semestre del 2014 le rinnovabili hanno soddisfato il 38% del fabbisogno elettrico, con una crescita del solare e un  calo del termoelettrico. La transizione energetica è frutto anche delle politiche di incentivazione riservate al fotovoltaico varate a partire dal 2005, i vari  conto-energia, che hanno progressivamente gravato sulla bolletta elettrica diventando uno dei bersagli preferiti dei detrattori delle rinnovabili. Invero l'onere per gli incentivi per il fotovoltaico non è l'unico a gravare sulla bolletta ma tant'è che il governo ha proposto lo "spalma-incentivi" per cercare di diminuire il costo dell'energia, prevalentemente alle imprese. Al pari della Serenissima Repubblica, dove si diceva "legge venesiana dura na setimana" per la frequenza con cui il senato  cambiava le leggi, pure l'Italia è proverbiale per la sua instabilità normativa, oltre che di governo. Scontiamo così in campo energetico una strategia di medio-lungo termine che permetta azioni   e investimenti efficaci. Tuttavia ci sono segnali  di inversione di tendenza, come l'adozione del Piano di Azione Nazionale per l'Efficienza Energetica (PAEE 2014) che prevede una forte spinta alle azioni di efficentamento in edilizia, cogenerazione, mobilità. Per questo meglio evitare provvedimenti estemporanei, che più che spalmare gli incentivi spalmano  confusione. Molti gli emendamenti in Parlamento, speriamo in bene.

mercoledì 9 luglio 2014

VENETO 2020: GLI ANNI NOVANTA SONO FINITI. FARE SISTEMA PER COMPETERE

Fare un'analisi approfondita della proposta di programmazione dei fondi europei della Giunta regionale del Veneto richiederebbe molto spazio. Tre programmi, Fondo di Sviluppo Regionale, Fondo Sociale, Programma di Sviluppo Rurale, quasi un migliaio di pagine, decine e decine di misure, condizionalità, beneficiari......Ma per limitarsi alla proposta di programma operativo del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR), il cui obiettivo principale è la competitività del sistema regionale, alcune considerazioni si possono fare.
Per l'Europa il Veneto è al 158° posto nella classifica della competitività regionale (Regional Competitiveness Index 2013), in metafora calcistica diremmo in zona salvezza. Ha quindi bisogno di essere più competitivo perchè la spinta che negli anni novanta lo aveva reso la locomotiva del nordest si è esaurita. Sconta la sua frammentazione, d'impresa e di governo. Tante piccole e piccolissime imprese, piccoli comuni e tanti comuni, poca rete e poco sistema. Scarsa capacità di mettere a regime nuovi fattori di sviluppo come la cultura, il turismo, la green economy, l'innovazione tecnologica innestata sulla manifattura. In due parole si può dire che il FESR per il Veneto del 2020 sembra scritto negli anni novanta, quando bastava sostenere le imprese e il gioco era fatto. La locomotiva "imprese" avrebbe trainato il territorio. Non è più così, la competitività oggi è fatta di innovazione d'impresa e di modernizzazione del contesto territoriale. Gli hotel e i negozi di una città d'arte, o dell'area dolomitica, non diventano più attrattivi adeguando  le docce o installando  l'aria condizionata ma se rendiamo più accessibile quel territorio, se ne rigeneriamo gli spazi dismessi, se ne moltiplichiamo le occasioni di cultura. Se mettiamo a sistema i produttori di beni e servizi privati con i produttori di beni pubblici territoriali. Le grandi imprese possono delocalizzare, le piccole no, rimangono ancorate a un territorio. La sfida per il Veneto è quella di rendere competitivi i sistemi territoriali e di far capire a Zaia, e alla sua giunta, che questo FESR va cambiato, perchè l'occasione dei fondi europei non può essere giocata con lo sguardo rivolto agli anni novanta.