lunedì 18 febbraio 2013

LA POLITICA DELLA FORMICA.

Romano Prodi ha rilasciato una lunga intervista al Sole 24 Ore di ieri.  Mi ha incuriosito questa formula della "politica della formica", in netta antitesi con molte mirabolanti ricette del "tutto subito" che circolano in queste settimane di campagna elettorale. Il giornalista chiede a Prodi:
Insomma ci vorrebbe un Prodi-tris?
Non scherziamo. Bersani sarà un ottimo primo ministro, nel solco tracciato dai precedenti governi di centro-sinistra. In passato avevo battezzato questa politica come la "politica della formica", che deve lavorare con pazienza, riorganizzando la pubblica amministrazione per contenerne le spese e aumentarne l'efficienza, ma investendo nello stesso tempo nelle risorse umane, dalla scuola alla ricerca, in una politica industriale vera, assente ora nel Paese.

.......
Ha in mente qualche modello in particolare a cui ispirarsi: la Silicon Valley californiana, la Germania, la Cina... Da tutte le storie di successo c'è qualcosa da imparare. Noi abbiamo ottime mani, ottimi cervelli. Dobbiamo ritrovare solo un po' di orgoglio. Il sistema deve sostenere chi cerca di fare e di fare bene. Non ostacolarlo. Tanti sono gli esempi a cui far riferimento. La Corea del Sud si avvicina molto all'Italia per dimensione e, come noi, non possiede materie prime. Ebbene, investendo ogni anno più del 3% del Pil in ricerca e sviluppo, è ora prima al mondo in 7 tra i grandi settori produttivi. Pensate che i tre colossi Samsung, Lg e Hyundai ogni anno investono dall'8 al 10% del fatturato in R&D. Il problema principale, anche per far ripartire il lavoro, è la produzione. È lì la chiave di tutto. In Italia manca da tempo una politica industriale credibile. Di questo ha bisogno il Paese. Di questo hanno bisogno le imprese e i lavoratori. È una strategia faticosa e a lungo termine, proprio l'opposto di quanto emerge dalla maggior parte delle tuonanti dichiarazioni di questa campagna elettorale.
..e più avanti aggiunge....
 Volevo ricordare a proposito di chi afferma che il centro-sinistra non è una forza di governo ma il partito della spesa, che non è affatto così. Questo è dimostrato dai numeri dei due esecutivi dei quali ho avuto la responsabilità. In entrambi i governi la quota del debito pubblico è diminuita di oltre dieci punti senza rallentare il trend di crescita. Quali sono questi numeri?
Alla conclusione del mio ultimo governo, a maggio 2008, il rapporto deficit/Pil era al 2,6%, il debito pubblico era di 1.654 miliardi di euro, il rapporto debito/Pil a 106,1. Il 16 novembre 2011 - quando Berlusconi ha lasciato il governo - il rapporto deficit/Pil era salito al 3,8%, il debito pubblico a 1.912 miliardi - ben 258 miliardi di euro in più in soli tre anni. Ora esso ruota attorno ai 2mila miliardi, con il rapporto debito/Pil salito al 120,7%. Gli italiani avranno anche la memoria corta ma i dati restano questi.

 Il testo intero dell'intervista

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