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intervento pubblicato oggi |
“Sembra che il Veneto possa essere riscritto come un racconto di due città (per
parafrasare Dickens) corrispondenti alla metropoli centroveneta e alla rete
veronese”. E’ la citazione presa da un bel libro di appena due anni fa,
pubblicato grazie al contributo della Regione Veneto, intitolato “Il Veneto” e
curato da Paolo Perulli. Vi hanno scritto alcuni tra i migliori ricercatori
veneti e non solo, ma quel che più colpisce sono le immagini che localizzano
funzioni, infrastrutture, flussi di merci e passeggeri, nel territorio
regionale. Un immagine val più di tante parole, e l’immagine della metropoli
veneta è già nei numeri e nelle cose prima ancora che nella politica e nelle
scelte che può fare. O non fare. Per questo mi sorprende che Roberto Ciambetti,
assessore di quella regione che quello studio ha sponsorizzato, non colga
dentro la necessità del riordino delle provincie e della nascita della città
metropolitana di Venezia l’opportunità per mettere davvero alla prova la
capacità di autonomia della nostra terra. La capacità di visione della nostra
classe dirigente. No- dice in sintesi Ciambetti- senza una vera autonomia
fiscale niente autonomia amministrativa, niente autogoverno. E io rispondo:
senza una vera e concreta volonta di riforma amministrativa, che semplifichi,
riduca i livelli di governo, raggruppi competenze disperse e conflittuali, la
domanda di automia fiscale è senz’anima. Non sarà avendo più risorse che
risparmieremo lungaggini e complicazioni ai cittadini e alle imprese, costretti
tutti a correre dal comune alla provincia, dal consorzio di bonifica al genio
civile e passando pure per la sovrintendenza, per un’autorizzazione. E quindi
via le province, uniamo i comuni, e diamo al Veneto la capacità di governare
quelle funzioni strategiche per lo sviluppo di questo millennio: porti e
aereoporti, università e ricerca, mobilità delle persone e delle merci.
L’abbiamo scritto anche nel nuovo statuto all’articolo 14, “il governo delle
funzioni metropolitane”. Ecco perché “il
racconto delle due città” potrebbe muovere i primi passi verso la realtà, con
due aree metropolitane, a est e a ovest. E l’occasione del riordino delle
province è più unica che rara. Ma non dopo l’autonomia fiscale, prima. Con il
coraggio di andare oltre le norme un po’ pasticciate del governo e senza
nostalgie per quel che c’è, le province. Se ci crediamo fino in fondo avremo
tutta l’autorevolezza per chiedere anche l’autonomia fiscale, per dare ai
veneti non solo più risorse ma anche più efficienza nell’amministrare.
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