La vittoria di Debora Serracchiani è una svolta politica per
il Friuli Venezia Giulia, ma può essere un’occasione da cogliere per il Veneto
e per il Nordest nel suo complesso. Pochi tra i commentatori di queste elezioni
friulane hanno richiamato il suo programma. Ormai elezioni e programmi sembrano
essere diventati due estranei. Eppure la Serracchiani nel suo propone una
direzione precisa: un Nordest più integrato con il resto d’Europa, più
coordinato a livello interregionale, che sceglie su che fronti concentrare le
sempre più scarse risorse pubbliche disponibili, con l’ambizione di un modello
di sviluppo più moderno e sostenibile.
Qualche esempio? “…non parliamo più di TAV, per carenza dei
finanziamenti e per l’assenza di una politica integrata del trasporto
transalpino… va invece sollecitata una unitarietà di impostazione e di gestione
tecnica tra Governo, Friuli Venezia Giulia, Veneto e Comuni”. E ancora dice di
prevedere interventi di “..quadruplicamenti ad alta capacità per lotti
funzionali e/o ristrutturazione di parti di linea esistenti”. Niente cantieri
immaginari quindi ma potenziamento della
rete ferroviaria e impegno per intercettare le direttrici di traffico dei
corridoi europei, in particolare il Corridoio Baltico-Adriatico. Una scelta netta per incentivare il più
possibile le forme di mobilità su rotaia, sia a livello di traffico passeggeri
sia a livello di traffico merci.
Con l’ambizioso obiettivo di “..abbattere di qualche punto il costo del trasporto per unità di merce...e ottenere 2000 posti di lavoro nel comparto (logistico)”. Ampio e articolato il capitolo che la nuova presidente del Friuli dedica alla portualità nord- Adriatica, “….porti e traffici marittimi vanno considerati come motore di sviluppo del
territorio…”, scrive prima di analizzare puntualmente criticità e risposte.
Con l’ambizioso obiettivo di “..abbattere di qualche punto il costo del trasporto per unità di merce...e ottenere 2000 posti di lavoro nel comparto (logistico)”. Ampio e articolato il capitolo che la nuova presidente del Friuli dedica alla portualità nord- Adriatica, “….porti e traffici marittimi vanno considerati come motore di sviluppo del
territorio…”, scrive prima di analizzare puntualmente criticità e risposte.
Insomma dieci paginette che andrebbero lette e discusse
seriamente anche in Veneto, per rimettere ordine e priorità nella
fantasmagorica collezione di progetti, che nessuno è in grado di finanziare, presentati in questo ultimo
decennio. Dieci paginette in cui si
guarda con convinzione all’Europa e alla mobilità che
verrà. Non a quella che
fu. Veneto e Friuli fanno anche parte dell’Euroregione “Senza Confini” con la
Slovenia, una sede in cui l’intera questione della mobiità sostenibile potrebbe
trovare una dimensione davvero europea.
Per dirla in poche parole, oggi la politica è chiamata ad
una sfida difficile e salutare allo stesso tempo. Deve agire entro vincoli di
tempo e di risorse che sono molto stringenti, ma che proprio per questo possono
rappresentare anche un’opportunità. Spendere meno e fare
meglio. Dal Friuli arriva un segnale di cambiamento. Il Veneto proseguirà con
le sue vecchie logiche?
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