Arriva il penultimo giorno dell'anno l'annuncio che la Regione Veneto non intende rinnovare il contratto di
servizio con Trenitalia. Il contratto per la gestione delle linee regionali scade a fine 2014, ma il presidente Zaia anticipa con una lettera a Moretti l'intenzione di voler affrontare una gara per l'affidamento del servizio. La scelta non dipende dall'avvio disastroso del nuovo orario cadenzato, dice Zaia, anche se poi aggiunge «se l'idea di fondo è quella di una metropolitana di superficie, questa
presuppone puntualità, capacità, cioè numero di vagoni, confort e
ospitalità: tutte cose che non può garantire la Regione, ma deve farlo
il gestore, pagato con i soldi dei veneti per risolvere i problemi". E prosegue con ".. è certo che non ci facciamo bella
figura, specie con i turisti, perchè lascio immaginare cosa succederebbe
se ci fosse un "trip advisor" dei treni. Ma prima di tutto vengono i
centomila veneti che usufruiscono giornalmente di questo servizio, che
hanno diritto ad essere rispettati fino in fondo". Zaia si accorge ora delle condizioni pessime del servizio ferroviario in Veneto, ma finge di non sapere che negli ultimi quindici anni il Veneto, regione di cui è presidente da quattro anni e di cui è stato anche vicepresidente nell'era Galan, ha lasciato che il treno andasse alla deriva, puntando tutto su strade, superstrade e autostrade. La situazione di oggi è frutto delle scelte di ieri, cioè della decennale mancanza di investimenti da parte della SUA, e nostra, regione. Tanto che il Veneto è oggi tra le regioni con la più bassa spesa pro-capite per il servizio ferroviario. E i risultati si vedono. Certo il gestore ha le sue colpe, e tante, ma quando si paga poco si ottiene poco, ma davvero poco. Ora Zaia annuncia la gara,
martedì 31 dicembre 2013
mercoledì 18 dicembre 2013
RIAPRONO LE GALLERIE DELL'ACCADEMIA A VENEZIA. UNA BUONA NOTIZIA DAL VENETO
Ci sono i forconi che bloccano le rotatorie, i treni regionali che collassano con il nuovo orario cadenzato, e
tante altri motivi di protesta e recriminazione. Ma la notizia di oggi per me è la riapertura completa delle Gallerie dell'Accademia a Venezia, dopo oltre dieci anni di restauro, 26 milioni di euro di spesa.
I lavori di restauro e conservazione delle fabbriche antiche del complesso della Carità raddoppiano gli spazi a disposizione del Museo e portano l’attuale superficie di 6.000 mq a oltre 12.000 mq.Sono stati predisposti spazi per l'accoglienza dei visitatori, la caffetteria, una sala conferenze e, al piano terra della chiesa, un’ala dedicata alle mostre temporanee.
Si potrà accedere all’ampia corte interna dove Andrea Palladio, tra il 1561 e il 1563, costruì un bellissimo edificio dove tre stili architettonici si fondono. Nell’ala palladiana si trova anche la famosa scala ovata di cui Goethe nel 1786, disse che è “la più bella scala a chiocciola del mondo” tanto che “non ci si stancherebbe mai di salirla e scenderla”.
Saranno disponibili 30 nuove sale espositive, di diverse dimensioni,che faranno delle Gallerie un museo dalle dimensioni europee, valorizzando quello straordinario patromonio artistico in grado di generare non solo cultura, ma anche economia. E al centro la bellezza della pittura dei grandi maestri, da Giorgione a Tiziano, da Tiepolo al Canaletto.
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L'uomo Vitruviano, alle Gallerie dell'Accademia |
I lavori di restauro e conservazione delle fabbriche antiche del complesso della Carità raddoppiano gli spazi a disposizione del Museo e portano l’attuale superficie di 6.000 mq a oltre 12.000 mq.Sono stati predisposti spazi per l'accoglienza dei visitatori, la caffetteria, una sala conferenze e, al piano terra della chiesa, un’ala dedicata alle mostre temporanee.
Si potrà accedere all’ampia corte interna dove Andrea Palladio, tra il 1561 e il 1563, costruì un bellissimo edificio dove tre stili architettonici si fondono. Nell’ala palladiana si trova anche la famosa scala ovata di cui Goethe nel 1786, disse che è “la più bella scala a chiocciola del mondo” tanto che “non ci si stancherebbe mai di salirla e scenderla”.
Saranno disponibili 30 nuove sale espositive, di diverse dimensioni,che faranno delle Gallerie un museo dalle dimensioni europee, valorizzando quello straordinario patromonio artistico in grado di generare non solo cultura, ma anche economia. E al centro la bellezza della pittura dei grandi maestri, da Giorgione a Tiziano, da Tiepolo al Canaletto.
martedì 10 dicembre 2013
SE LA FENICE SUONA IL CADENZATO
In attesa di una campagna informativa degna di questo nome è stato attivato un indirizzo mail per le segnalazioni (sic!)nuovoorariocadenzato@treniveneto.it.
Questo cadenzato suona un pò stonato.
giovedì 21 novembre 2013
OSPEDALI E TERRITORIO: LA DELIBERA DEFINITIVA DELLA GIUNTA REGIONALE
La delibera contiene altri elementi di interesse: le nuove dotazioni dovranno essere realizzate nel biennio 2014-2015, la riorganizzazione dovrà compiersi nel rispetto dei vincoli di bilancio e compatiblmente con i budget assegnati ad ogni azienda. Si tratta in sostanza delle risorse assegnate con il riparto del dicembre 2012. "Il risparmio di spesa che si ottiene attraverso la riorganizzazione della rete ospedaliera consente il potenziamento dell'assistenza territoriale" si legge testualmente nella delibera. Quindi nessuna risorsa aggiutiva per il territorio e laddove la riduzione dei posti letto ospedalieri è già avvenuta, come nelle ULSS vicentine, non sappiamo con quali "risparmi" si potrà avviare la rete di assistenza territoriale, vero punto debole del nuovo piano socio-sanitario e delle schede.
LA DELIBERA
LE SCHEDE OSPEDALIERE DEFINITIVE
LE SCHEDE TERRITORIALI
martedì 19 novembre 2013
ORARIO CADENZATO: PRONTI AL VIA?

vicenza-schio
schio-vicenza
bassano-padova
padova-bassano
vicenza-padova-venezia
venezia-padova-vicenza
bassano-venezia
venezia-bassano
vicenza-verona
verona-vicenza
venerdì 8 novembre 2013
SCUOLE SUPERIORI A VICENZA: PRIMA LA DIDATTICA, POI L'EDILIZIA
E' tema di discussione di questi giorni la proposta di riordino degli indirizzi degli istituti tecnici del capoluogo
vicentino. All'insegna del "risparmio, dell'efficienza e della semplificazione per l'orientamento delle famiglie", dicono i funzionari della Provincia di Vicenza. Bene l'efficienza, bene anche la semplificazione, ma quando sento parlare di risparmi nella scuola mi suona un campanello d'allarme. Nei paesi civile si investe per la scuola e nella scuola, altro che risparmi. Che lo si faccia poco in Italia e in Veneto ce lo dicono i dati dell'Europa. Comunque la riorganizzazione interesserebbe gli istituti Montagna, Boscardin, Canova, Rossi, Lampertico, Piovene, esclusi invece i licei. L'impressione che si ricava dal dibattito e dalle prese di posizione che sono seguite alla presentazione del piano è che il tutto nasca da una visione "edilizia" della scuola, dalla necessità di far quadrare dinamica della popolazione scolastica e numero di aule, piuttosto che sulla garanzia che le attività didattiche possano svolgersi con le adeguate garanzie di poter disporre di aule attrezzate, laboratori di indirizzo, palestre. Non si tratta semplicemente di spostare un centinaio di alunni da un istituto ad un altro , ma di capire se quell'indirizzo di studio possa trovare nella nuova sede tutto quanto serva per una didattica efficace. Perchè al centro deve stare la qualità dell'insegnamento/apprendimento, altrimenti si rischia di guadagnare qualche aula e perdere in rendimento del processo di formazione. Spero di sbagliarmi ma nel dubbio ho chiesto alla Giunta Regionale, che dovrà mettere l'ultima parola, di acquisire tutti gli elementi utili a una valutazione che metta davanti la didattica prima dell'edilizia.
Il testo dell'interrogazione
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l'Istituto Rossi in un'immagine d'epoca |
Il testo dell'interrogazione
mercoledì 6 novembre 2013
SETTE ANNI IN VENETO. COME SONO STATI SPESI I FONDI EUROPEI
La scorsa settimana il Consiglio Regionale ha discusso e votato il "Rapporto sugli affari europei", il
resoconto del come e dove sono stati spesi i fondi europei della programmazione 2007/2013. Si tratta di 2,22 miliardi di euro (si, proprio miliardi) che nelle intenzioni dovevano rendere il Veneto "più attraente per le imprese e cittadini", come recitava l'obiettivo principale dei documenti del 2007. Il Veneto avrebbe dovuto abbandonare "il modello della crescita quantitativa per avviarsi sulla strada della crescita qualitativa", accelerando sui settori ad alto valore aggiunto, rigenerando le risorse produttive consumate dallo sviluppo, garantendo un maggior accesso alle conoscenze, alle reti materiali e immateriali, sempre secondo i documenti alla base dell'uso dei fondi. Certo, nel frattempo è arrivata la peggior crisi del dopoguerra e anche le risorse dei fondi europei sono state, in parte, dirottate per parare i colpi, come nel caso della cassa integrazione. Tuttavia la polverizzazione dei finanziamenti, più di duemila solo per le azioni di innovazione, la scarsa definizione di reali misure strutturali e strategiche, si veda il caso della creazione di un polo scientifico-tecnologico di rango internazionale e della realizzazione della metropolitana regionale (ancora al di là dal venire), dimostrano che non basta spendere, bisogna spendere bene. Se ci confrontiamo con le altre regioni europee scopriamo che la spesa per ricerca e sviluppo in Veneto è ben lontana dal target europeo (1.04% contro il l'obiettivo del 1.5% del pil), fallito l'incremento del 5% di utilizzo dei mezzi di trasporto pubblico, nella classifica della competitività delle regioni europee siamo al 158° posto su 262 regioni. Si poteva far meglio, si dovrà far meglio visto che ora si apre la nuova fase dei fondi per il periodo 2014/2020. Altri due miliardi di euro da investire secondo tre parole d'ordine: sviluppo sostenibile, intelligente, inclusivo. I risultati della programmazione che si chiude devono servire da lezione.
Il link alla rendicontazione sui fondi europei
resoconto del come e dove sono stati spesi i fondi europei della programmazione 2007/2013. Si tratta di 2,22 miliardi di euro (si, proprio miliardi) che nelle intenzioni dovevano rendere il Veneto "più attraente per le imprese e cittadini", come recitava l'obiettivo principale dei documenti del 2007. Il Veneto avrebbe dovuto abbandonare "il modello della crescita quantitativa per avviarsi sulla strada della crescita qualitativa", accelerando sui settori ad alto valore aggiunto, rigenerando le risorse produttive consumate dallo sviluppo, garantendo un maggior accesso alle conoscenze, alle reti materiali e immateriali, sempre secondo i documenti alla base dell'uso dei fondi. Certo, nel frattempo è arrivata la peggior crisi del dopoguerra e anche le risorse dei fondi europei sono state, in parte, dirottate per parare i colpi, come nel caso della cassa integrazione. Tuttavia la polverizzazione dei finanziamenti, più di duemila solo per le azioni di innovazione, la scarsa definizione di reali misure strutturali e strategiche, si veda il caso della creazione di un polo scientifico-tecnologico di rango internazionale e della realizzazione della metropolitana regionale (ancora al di là dal venire), dimostrano che non basta spendere, bisogna spendere bene. Se ci confrontiamo con le altre regioni europee scopriamo che la spesa per ricerca e sviluppo in Veneto è ben lontana dal target europeo (1.04% contro il l'obiettivo del 1.5% del pil), fallito l'incremento del 5% di utilizzo dei mezzi di trasporto pubblico, nella classifica della competitività delle regioni europee siamo al 158° posto su 262 regioni. Si poteva far meglio, si dovrà far meglio visto che ora si apre la nuova fase dei fondi per il periodo 2014/2020. Altri due miliardi di euro da investire secondo tre parole d'ordine: sviluppo sostenibile, intelligente, inclusivo. I risultati della programmazione che si chiude devono servire da lezione.
Il link alla rendicontazione sui fondi europei
lunedì 21 ottobre 2013
IL TRENO DEI DESIDERI IN VENETO NON ARRIVA

quattrocentomila i passeggeri medi settimanali che hanno utilizzato i vagoni di Trenitalia, gestore del sevizio in base al contratto in vigore con la Regione Veneto. Questi i primi dati contenuti nel rapporto di monitoraggio (link al documento in coda al post) che l'Osservatorio della Spesa e delle Politiche Pubbliche del Consiglio Regionale ha consegnato la scorsa settimana ai consiglieri veneti. Il rapporto passa al setaccio qualità e quantità del servizio, norme contrattuali, suddivisione dei costi, andamento dei prezzi dei biglietti e degli abbonamenti, multe e sovrapprezzi, puntualità e regolarità del servizio. Una fotografia impietosa di un servizio che vorremmo di profilo europeo (S-bahn dei miei desideri......) ma che invece accumula ritardi e soppressioni, sovraffollamento a condizioni contrattuali paradossali. Ma procediamo con ordine. L'attuale contratto tra Regione Veneto e Trenitalia risale al 2009 e scadrà nel 2015. Si tratta di un contratto "a catalogo", vale a dire che il corrispettivo non si basa sull'ammontare dei km percorsi, "treni*km", ma sulle ore di servizio. Ore che hanno costi diversi a seconda del giorno, feriali/prefestivi/festivi, dell'ora del giorno, diurno/notturno, del tipo di materiale rotabile e della frequentazione. Costa di più un'ora di treno effettuata la domenica (18% in più), oppure effettuata dopo le 22, 16% in più). Se la frequentazione è inferiore del
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giovedì 17 ottobre 2013
LA FIERA DELLA METROPOLI VENETA
Le dimissioni a catena dei membri del consiglio di amministrazione di Fiera Vicenza ha sollevato il
coperchio del pentolone del sistema fieristico veneto.
Ci sono funzioni del sistema economico e istituzionale della nostra regione che possono e devono essere gestite come funzioni metropolitane. Non ha senso il campanilismo dei quattro cantoni, mentre è utile aprire una riflessione, anche a Vicenza sull’aggiornamento della governance.
Quando su un tratto di strada che si percorre in due ore d’auto si affacciano quattro diverse fiere, l’esigenza di specializzare le vocazioni è evidente. È una questione di ottimizzazione di costi e risorse. Ma il tema è più generale. Se il Veneto vuole investire sulla sua capacità attrattiva nel settore fieristico, deve ragionare in modo sinergico sull’offerta da proporre ai mercati. La scala di questi ragionamenti non può essere che regionale, perché il confronto è con poli fieristici, da Milano a Bologna, che hanno una forza metropolitana e una proiezione nazionale ed internazionale.
Il tema non può essere affrontato con le logiche di ieri e l’annuncio della Provincia sulla messa in vendita delle quote è l’occasione per una ulteriore riflessione al riguardo, da affrontare senza dogmi anche sul fronte della governance. Le fiere vicine, come quella di Milano o quella di Bologna, hanno compagini societarie che offrono spunti interessanti, dal coinvolgimento della Regione alla partecipazione dei privati. Da un lato se le Fiere devono supportare eccellenze produttive del nostro territorio dovrebbero avere nella Regione un partner più attivo di quanto non sia oggi, dall’altro forse è tempo di valutare l’impegno di privati anche al di fuori delle forme di presenza intermediate da organismi categoriali o camerali.
martedì 8 ottobre 2013
OSPEDALI E TERRITORIO NEL TESTO USCITO DALLA COMMISSIONE
Il testo riordinato delle schede ospedaliere e territoriali come approvato dalla V Commissione, che ora è stato trasmesso alla Giunta Regionale per l'approvazione definitiva. La parte che riguarda le ULSS del vicentino si trova da pagina 23 a pagina 45. Nelle prime pagine le modifiche di carattere generale (psicologia ospedaliera, odontoiatria di comunità, rete diabetologica......)
venerdì 27 settembre 2013
LA NOTTE DEI POSTI LETTO
Doveva svolgersi in due giorni, giovedì e venerdì, la seduta della Commissione Regionale sanità dedicata alle
schede ospedaliere e territoriali. Si è trasformata in una maratona di 22 ore, con due pit stop per recuperare gli zuccheri e una notte passata tra posti letto, primariati, unità complesse e dipartimentali, emendamenti e controemendamenti. Così alle luci dell'alba di oggi le schede sono state votate dalla Commissione perchè la Giunta Regionale possa approvarle in via definitiva. Un voto negativo il mio, e il nostro come gruppo del PD, a fronte di domande che sono rimaste senza risposta sui tempi e le risorse per attivare la rete di assistenza territoriale, davanti schede che penalizzano la rete ospedaliera del vicentino. Le Ulss vicentine si sono presentate con la rete ospedaliera con il più basso numero di posti letto per mille abitanti del Veneto. Frutto della razionalizzazione che ha interessato le Ulss beriche negli ultimi dieci anni. Questo avrebbe dovuto permettere di far "guadagnare" qualcosa al vicentino, in termini di servizi, di garanzie di risposte sanitarie. Così non è stato. Tutti gli emendamenti che miravano ad assicurare l'attività sette giorni su sette dell'urgenza/emergenza degli ospedali di Valdagno, Noventa Vicentina, Asiago sono stati respinti. Respinta la riabilitazione cardiologica a Santorso, l'apicalità di lungodegenza a Lonigo, per fare alcuni esempi. In sintesi le modifiche che hanno interessato le schede degli ospedali vicentini nella notte dei posti letto: istituzione della medicina d'urgenza a Bassano ( 20 posti letto), 3 letti di maxillofacciale sempre a Bassano. Primariato di ortopedia e traumatologia da Asiago e sopressione di quello di pronto soccorso. Attività di week surgery per l'ortopedia di Valdagno chirurgia d'elezione sempre a Valdagno. 3 posti letto in più per la chirurgia maxillofacciale di Vicenza e tre in meno per la neurochirurgia. Unità semplice dipartimentale per la direzione medica di Noventa Vicentina.

mercoledì 25 settembre 2013
OSPEDALI VENETI ALLA RESA DEI LETTI
Inizia domani in Commisione Sanità la due giorni dedicata all'esame conclusivo delle schede di dotazione
ospedaliere/territoriale. Passa attraverso le oltre duecento pagine di schede, ULSS per ULSS, ospedale per ospedale, territorio per territorio, la traduzione dei principi contenuti nel nuovo Piano socio-sanitario del Veneto. Principi noti: baricentro dell'assistenza che si sposta dall'ospedale a fuori dall'ospedale (il territorio appunto).Concentrazione dell'assistenza ospedaliera sulle patologie acute e di quella territoriale sul quelle croniche. E così le schede dicono meno 1200 posti letto negli ospedali, più 1200 posti letto nelle strutture intermedie. ma se le schede parlano chiaro sui primi, balbettano sui secondi la cui attivazione è prevista solo dopo il taglio di quelli ospedalieri. E nel taglio dei primi finisce per vacillare la risposta fondamentale della rete ospedaliera: la rete dell'urgenza/emergenza, quella che ti salva la vita se funziona nei primi sessanta minuti. Per attivare i secondi, i letti dell'assistenza territoriale, indefinite risultano le risorse e incerti i compiti delle Conferenze dei Sindaci, che sul territorio il peso delle esigenze di assistenza lo sentono tutto. Ancora più timido appare l'avvio delle medicine di gruppo integrate, dove i medici di famiglia organizzano insieme le attività, che pure dovrebbero rappresentare il fulcro del nuovo modello assistenziale. Numerosissime le osservazioni arrivate alla Commissione e pure le audizioni: sindaci, collegi professionali, sindacati, direttori generali, associazioni di categoria, università, gruppi di volontariato......che denotano una grande attenzione e una concreta partecipazione, larga, attiva, della società veneta. Poi ci sono i numeri: posti letto, apicalità, unità semplici o complesse, reparti, servizi, hospice, ospedale di comunità, pronti soccorso, ambulanze.......ma prima ancora le risposte che migliaia di veneti troveranno dopodomani ai loro bisogni di salute. E vorremmo che fossero migliori.....
ospedaliere/territoriale. Passa attraverso le oltre duecento pagine di schede, ULSS per ULSS, ospedale per ospedale, territorio per territorio, la traduzione dei principi contenuti nel nuovo Piano socio-sanitario del Veneto. Principi noti: baricentro dell'assistenza che si sposta dall'ospedale a fuori dall'ospedale (il territorio appunto).Concentrazione dell'assistenza ospedaliera sulle patologie acute e di quella territoriale sul quelle croniche. E così le schede dicono meno 1200 posti letto negli ospedali, più 1200 posti letto nelle strutture intermedie. ma se le schede parlano chiaro sui primi, balbettano sui secondi la cui attivazione è prevista solo dopo il taglio di quelli ospedalieri. E nel taglio dei primi finisce per vacillare la risposta fondamentale della rete ospedaliera: la rete dell'urgenza/emergenza, quella che ti salva la vita se funziona nei primi sessanta minuti. Per attivare i secondi, i letti dell'assistenza territoriale, indefinite risultano le risorse e incerti i compiti delle Conferenze dei Sindaci, che sul territorio il peso delle esigenze di assistenza lo sentono tutto. Ancora più timido appare l'avvio delle medicine di gruppo integrate, dove i medici di famiglia organizzano insieme le attività, che pure dovrebbero rappresentare il fulcro del nuovo modello assistenziale. Numerosissime le osservazioni arrivate alla Commissione e pure le audizioni: sindaci, collegi professionali, sindacati, direttori generali, associazioni di categoria, università, gruppi di volontariato......che denotano una grande attenzione e una concreta partecipazione, larga, attiva, della società veneta. Poi ci sono i numeri: posti letto, apicalità, unità semplici o complesse, reparti, servizi, hospice, ospedale di comunità, pronti soccorso, ambulanze.......ma prima ancora le risposte che migliaia di veneti troveranno dopodomani ai loro bisogni di salute. E vorremmo che fossero migliori.....
giovedì 19 settembre 2013
PASOLINI/CAPOVILLA/DISSENSI 2013

Solo l'amare, solo il conoscere
conta, non l'aver amato,
non l'aver conosciuto. Dà angoscia
il vivere di un consumato
amore. L'anima non cresce più.
Ecco nel calore incantato
della notte che piena quaggiù
tra le curve del fiume e le sopite
visioni della città sparsa di luci,
scheggia ancora di mille vite,
disamore, mistero, e miseria
dei sensi, mi rendono nemiche
le forme del mondo, che fino a ieri
erano la mia ragione d'esistere.
Annoiato, stanco, rincaso, per neri
piazzali di mercati, tristi
strade intorno al porto fluviale,
tra le baracche e i magazzini misti
agli ultimi prati.
Da "Il pianto della scavatrice"
Domani sera Officine Anzolin- Pierpaolo Capovilla "La religione del mio tempo", reading su testi di PP. Pasolini- Dissensi 2013
mercoledì 18 settembre 2013
LA GIORNATA DELL'INDIPENDENZA dal VENETO

Indipendenza dalle concrete necessità di questa regione, dal bisogno di autonomia realizzabile, dalla capacità di assumersi responsabilità di cambiamento, senza fuggire tra i fiordi scozzesi e le spiagge della Costa Brava catalana.
mercoledì 4 settembre 2013
ACQUE DEL CHIAMPO E IL FALLIMENTO, POLITICO, DI ARZIGNANO

fornitura dell'acqua potabile a circa 100.000 cittadini, provvede a depurarne i reflui. E' impegnata in un programma di risanamento ambientale di valenza nazionale, un Accordo di Programma con il Ministero dell'Ambiente e la Regione Veneto del valore di 90 milioni di euro, è il "polmone" idrico del più grande distretto della concia d'Europa. In questi giorni i dieci comuni soci si apprestano a modificarne lo statuto prevedendo l'introduzione dell'amministratore unico. A un passaggio così rilevante e delicato il comune capofila, Arzignano, da sempre l'amministrazione di riferimento su questo ambito per tutto l'ovest-vicentino, si presenta in completo isolamento. Sia rispetto agli altri comuni che non condividono le proposte di modifica, sia rispetto alle rappresentanze economiche, che ieri hanno duramente criticato l'operato dell'amministrazione arzignanese. Arzignano arriva così all'appuntamento avendo esaurito ogni capacità di leadership sull'area, non sapendo coinvolgere, rappresentare, fare sintesi, della complessità amministrativa ed economica del territorio. Nessuno si fida più di Arzignano, tanto che gli altri comuni chiedono modifiche di commi e codicilli per tentare di salvare un briciolo di concertazione, di capacità di controllo sulla società. Ma non ci sono codicilli che possano restituire la fiducia dilapidata in questi anni da Arzignano. E questo voler fa da sè e per sè del comune di Arzignano ha forse dato qualche risultato? La soluzione del trattamento fanghi si è allontanata e ha creato solo divisioni tra i comuni, l'integrazione degli impianti di Arzignano e Montebello si è persa nelle nebbie padane, i rapporti con le categorie economiche sono lacerati. Ha prevalso la logica della prevaricazione e le candidature per l'amministratore unico fanno rimpiangere, è quasi un paradosso, i tempi in cui furono proposti il senatore Filippi e l'europarlamentare Sartori (anche questa tutta opera degli amministratori arzignanesi)! La modifica dello statuto certifica il fallimento politico di Arzignano, la sua incapacità di essere guida e sintesi delle necessità economiche, sociali, ambientali dell'ovest-vicentino. Assisteremo a un colpo di reni nell'assemblea dei sindaci o anche Acque del Chiampo cadrà vittima delle logiche spartitorie arzignanesi? Attendiamo trepidanti.
domenica 25 agosto 2013
DOVE SEI DOVE SEI COSA FAI
Scrivo ora da qui, dove tocca
il crinale dei monti il Grande carro
e l'aria è un suono di cristallo.
Dentro la notte spessa, cieca
-fatte salve le stelle-
per il pascolo alpino me ne vado
in un anno preciso, in una
località precisa d'Europa
al cospetto assoluto del Grande carro
che adagia per sempre sul crinale dei
monti.
.........
Nell'aria ferma di cristallo
muove ora una voce-sono
in un luogo strano
e dentro un tempo strano, dice.
O forse è un'eco. Ma io non so
se sia dal fondo della valle
o dai larici radi, a provenire;
e non lo so dove rifranga
.................
una poesia di Cristina Alziati (da Come non piangenti, 2011)
il crinale dei monti il Grande carro
e l'aria è un suono di cristallo.
Dentro la notte spessa, cieca
-fatte salve le stelle-
per il pascolo alpino me ne vado
in un anno preciso, in una
località precisa d'Europa
al cospetto assoluto del Grande carro
che adagia per sempre sul crinale dei
monti.
.........
Nell'aria ferma di cristallo
muove ora una voce-sono
in un luogo strano
e dentro un tempo strano, dice.
O forse è un'eco. Ma io non so
se sia dal fondo della valle
o dai larici radi, a provenire;
e non lo so dove rifranga
.................
una poesia di Cristina Alziati (da Come non piangenti, 2011)
domenica 11 agosto 2013
lunedì 29 luglio 2013
THE WALL. DAL ROCK AL MELODRAMMA, CONTEMPORANEO

mercoledì 24 luglio 2013
TAGLI AI TRENI REGIONALI: REGIONE NON PERDA L'OCCASIONE, VICENZA COME INTERSCAMBIO
Il progetto della Regione Veneto riguardo l’organizzazione dei treni regionali viene presentato dall’Assessore Chisso come un cambiamento epocale di approccio al trasporto ferroviario per i pendolari. Ma la verità è che una finta rivoluzione maschera una serie di proposte insufficienti con il rischio concreto di un drammatico passo indietro. Lancio un appello e mi rivolgo perciò alle istituzioni regionali perché non perdano questa occasione: Vicenza può e deve diventare un nodo di collegamento tra l’asse principale Milano-Venezia e i centri della provincia. È una sfida da raccogliere, certo che per farlo servono investimenti, che al momento sembrano lontani.
Ogni pendolare si rende quotidianamente conto di una realtà basilare che la Regione Veneto pare aver dimenticato. Senza investimenti, il trasporto ferroviario non può funzionare. Anche l’enfasi dell’Assessore sull’orario cadenzato è un abbaglio. In Europa l’orario cadenzato è un sistema frequente e puntuale di coincidenze. Da noi è una scommessa, una corsa a ostacoli, con un numero di corse ridotto, treni in ritardo e connessioni con i nodi decentrati della rete sempre più impegnative per i viaggiatori.
Dovrebbe riflettere anche il Presidente Luca Zaia. La Lega Nord si riempie la bocca con le chiacchiere sulla “macroregione del Nord”, ma oltre a sospendere i collegamenti diretti Venezia-Milano, pare che la Lombardia stia valutando di rendere Desenzano capolinea della tratta, creando un vuoto che diventerebbe pressoché incolmabile. Per migliorare il servizio reso ai pendolari non c’è alternativa ad una scelta politica generale. Servono più risorse per il trasporto ferroviario. Il Veneto è già, come evidenziato da anni nel rapporto Pendolaria, il fanalino di coda per investimenti su questo fronte. Con Zaia e Chisso, anziché migliorare, il ritardo sembra aggravarsi ancora di più.
Ogni pendolare si rende quotidianamente conto di una realtà basilare che la Regione Veneto pare aver dimenticato. Senza investimenti, il trasporto ferroviario non può funzionare. Anche l’enfasi dell’Assessore sull’orario cadenzato è un abbaglio. In Europa l’orario cadenzato è un sistema frequente e puntuale di coincidenze. Da noi è una scommessa, una corsa a ostacoli, con un numero di corse ridotto, treni in ritardo e connessioni con i nodi decentrati della rete sempre più impegnative per i viaggiatori.
Dovrebbe riflettere anche il Presidente Luca Zaia. La Lega Nord si riempie la bocca con le chiacchiere sulla “macroregione del Nord”, ma oltre a sospendere i collegamenti diretti Venezia-Milano, pare che la Lombardia stia valutando di rendere Desenzano capolinea della tratta, creando un vuoto che diventerebbe pressoché incolmabile. Per migliorare il servizio reso ai pendolari non c’è alternativa ad una scelta politica generale. Servono più risorse per il trasporto ferroviario. Il Veneto è già, come evidenziato da anni nel rapporto Pendolaria, il fanalino di coda per investimenti su questo fronte. Con Zaia e Chisso, anziché migliorare, il ritardo sembra aggravarsi ancora di più.
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martedì 23 luglio 2013
PERCHE' RINGRAZIARE CALDEROLI
15 luglio 2013, con una delle sue proverbiali e formidabili dichiarazioni, l'onorevole (ma si può dire che sia
tale?) Calderoli semplifica quanto settantacinque anni prima un manipolo di scienziati (ma anche di questi si può dire che fossero tali?) aveva pubblicato sul Giornale d'Italia. Era appunto il 15 luglio, ma del 1938. Vale la pena di leggere qualche riga di quel manifesto:
"La esistenza delle razze umane non è già una astrazione del nostro spirito, ma corrisponde a una realtà fenomenica, materiale, percepibile con i nostri sensi...... E' necessario fare una netta distinzione fra i mediterranei d'Europa (occidentali) da una parte e gli orientali e gli africani dall'altra. Sono perciò da considerarsi pericolose le teorie che sostengono l'origine africana di alcuni popoli europei
Il carattere puramente europeo degli Italiani viene alterato dall'incrocio con qualsiasi razza extra–europea e portatrice di una civiltà diversa dalla millenaria civiltà degli ariani." Uscì così il primo numero della rivista "La difesa della razza". A settembre di quell'anno Benito Mussolini annunciò dal balcone del Municipio di Trieste le leggi razziali del suo regime.
Ma torniamo ai nostri giorni. Che i leghisti conservino un concetto di razza da ventennio non è una novità e nemmeno che si siano prodigati in innumerevoli dichiarazioni in tal senso, con veri e propri campioni come Borghezio. Il pregiudizio razziale è uno dei più diffusi, come ha dimostrato il Test di Associazione Implicita dell'Università di Harvard. Il 68% dei 2,5 milioni di persone che hanno partecipato al test ha mostrato un pregiudizio razziale (Project Implicit Harvard University). Nulla di nuovo si potrebbe dire allora. Eppure quel che ha sorpreso è stata la reazione alle frasi di Calderoli. L'indignazione che si è scatenata dopo anni in cui prendere le difese della dignità umana veniva bollato come "buonismo". Anni in cui l'imperativo della "sicurezza" aveva coperto ogni discriminazione. Non si può dire che l'arrivo di un ministro di colore al governo abbia prodotto un avanzamento legislativo del nostro ordinamento. Ancora non si è approvata una norma più moderna sul diritto di cittadinanza, nemmeno la Bossi-Fini sul permesso di soggiorno è stata rivisitata. Eppure la sola presenza del ministro Kyenge ha reso manifesta la realtà multietnica italiana e materializzato la sostanziale insostenibilità delle tesi discriminatorie. L'effetto moltiplicatore generato dalle dichiarazioni di Calderoli ha infine disvelato per intero la dimensione del pregiudizio razziale in Italia. Ecco perchè andrebbe ringraziato, per averci mostrato un lato del nostro paese che vorremmo non vedere. Ma esiste. Cecile Kyenge ha risposto con una disarmante serenità, lasciando ancor più nudi, e orrendi, gli autori degli attacchi. Disarmante come solo i migliori testimoni della nonviolenza sanno essere.Tanto di cappello ministro!

"La esistenza delle razze umane non è già una astrazione del nostro spirito, ma corrisponde a una realtà fenomenica, materiale, percepibile con i nostri sensi...... E' necessario fare una netta distinzione fra i mediterranei d'Europa (occidentali) da una parte e gli orientali e gli africani dall'altra. Sono perciò da considerarsi pericolose le teorie che sostengono l'origine africana di alcuni popoli europei
Il carattere puramente europeo degli Italiani viene alterato dall'incrocio con qualsiasi razza extra–europea e portatrice di una civiltà diversa dalla millenaria civiltà degli ariani." Uscì così il primo numero della rivista "La difesa della razza". A settembre di quell'anno Benito Mussolini annunciò dal balcone del Municipio di Trieste le leggi razziali del suo regime.
Ma torniamo ai nostri giorni. Che i leghisti conservino un concetto di razza da ventennio non è una novità e nemmeno che si siano prodigati in innumerevoli dichiarazioni in tal senso, con veri e propri campioni come Borghezio. Il pregiudizio razziale è uno dei più diffusi, come ha dimostrato il Test di Associazione Implicita dell'Università di Harvard. Il 68% dei 2,5 milioni di persone che hanno partecipato al test ha mostrato un pregiudizio razziale (Project Implicit Harvard University). Nulla di nuovo si potrebbe dire allora. Eppure quel che ha sorpreso è stata la reazione alle frasi di Calderoli. L'indignazione che si è scatenata dopo anni in cui prendere le difese della dignità umana veniva bollato come "buonismo". Anni in cui l'imperativo della "sicurezza" aveva coperto ogni discriminazione. Non si può dire che l'arrivo di un ministro di colore al governo abbia prodotto un avanzamento legislativo del nostro ordinamento. Ancora non si è approvata una norma più moderna sul diritto di cittadinanza, nemmeno la Bossi-Fini sul permesso di soggiorno è stata rivisitata. Eppure la sola presenza del ministro Kyenge ha reso manifesta la realtà multietnica italiana e materializzato la sostanziale insostenibilità delle tesi discriminatorie. L'effetto moltiplicatore generato dalle dichiarazioni di Calderoli ha infine disvelato per intero la dimensione del pregiudizio razziale in Italia. Ecco perchè andrebbe ringraziato, per averci mostrato un lato del nostro paese che vorremmo non vedere. Ma esiste. Cecile Kyenge ha risposto con una disarmante serenità, lasciando ancor più nudi, e orrendi, gli autori degli attacchi. Disarmante come solo i migliori testimoni della nonviolenza sanno essere.Tanto di cappello ministro!
mercoledì 17 luglio 2013
UNA LETTERA A RENZO ROSSO
Il 12 luglio scorso Renzo Rosso, patron della Diesel, ha rilasciato una intervista al Giornale di Vicenza. I suoi
giudizi sull'Italia, sulla politica (ma poteva mancare.....), sono molti netti e perentori. Con Giorgio Santini gli abbiamo scritto una lettera aperta, ripresa ieri sempre dal Giornale di Vicenza, per aprire un dibattito che chiama in causa, in questo difficile momento, non solo la politica ma anche l'impresa.
"Carissimo Renzo Rosso, come molti altri vicentini nutriamo nei suoi confronti una grande stima. Lei è uno dei più importanti imprenditori italiani, che ha saputo costruire dal nulla un gruppo industriale leader al mondo, portando lavoro, innovazione e sviluppo sul nostro territorio. Anche per questo l'intervista che lei ha rilasciato venerdì scorso a Il Giornale di Vicenza ci ha molto preoccupato. Fare impresa oggi in Italia e anche nel Veneto è davvero difficile. Il fatto che lei resista in un settore come la moda, affermando con il marchio Diesel un nuovo stile per milioni di persone in tutto il mondo, le rende un grande merito. Un merito che va ben oltre i riconoscimenti ricevuti finora, dal cavalierato alle lauree honoris causa o agli articoli sui grandi magazine. Lei però non è solo un imprenditore, ma anche un cittadino illustre che rappresenta di fatto la nostra comunità nel mondo, una comunità operosa che ha contribuito in una certa misura anche al suo successo imprenditoriale e alla quale tutti riconoscono i valori della concretezza, della dedizione al lavoro, della capacità di sviluppo autonomo. Per questa comunità forse è arrivato il momento di fare di più.
giudizi sull'Italia, sulla politica (ma poteva mancare.....), sono molti netti e perentori. Con Giorgio Santini gli abbiamo scritto una lettera aperta, ripresa ieri sempre dal Giornale di Vicenza, per aprire un dibattito che chiama in causa, in questo difficile momento, non solo la politica ma anche l'impresa.
"Carissimo Renzo Rosso, come molti altri vicentini nutriamo nei suoi confronti una grande stima. Lei è uno dei più importanti imprenditori italiani, che ha saputo costruire dal nulla un gruppo industriale leader al mondo, portando lavoro, innovazione e sviluppo sul nostro territorio. Anche per questo l'intervista che lei ha rilasciato venerdì scorso a Il Giornale di Vicenza ci ha molto preoccupato. Fare impresa oggi in Italia e anche nel Veneto è davvero difficile. Il fatto che lei resista in un settore come la moda, affermando con il marchio Diesel un nuovo stile per milioni di persone in tutto il mondo, le rende un grande merito. Un merito che va ben oltre i riconoscimenti ricevuti finora, dal cavalierato alle lauree honoris causa o agli articoli sui grandi magazine. Lei però non è solo un imprenditore, ma anche un cittadino illustre che rappresenta di fatto la nostra comunità nel mondo, una comunità operosa che ha contribuito in una certa misura anche al suo successo imprenditoriale e alla quale tutti riconoscono i valori della concretezza, della dedizione al lavoro, della capacità di sviluppo autonomo. Per questa comunità forse è arrivato il momento di fare di più.
martedì 9 luglio 2013
CASA, DOLCE CASA. MA CARA....E RARA
In Veneto il patrimonio abitativo gestito dalle ATER ammonta a 39.540 unità. Le "case popolari" si dicevano
un tempo, ora edilizia sovvenzionata, agevolata e calmierata. 8 alloggi ogni mille abitanti. I dati degli ultimi bandi per l'assegnazione di questi alloggi hanno visto 700 assegnazioni a fronte di 18.000 domande. Il 28% dei comuni non ha nemmeno pubblicato il bando, non avendo alloggi disponibili. Nel frattempo ben 29 comuni sono classificati ad alta tensione abitativa, segnalano quindi un forte disagio abitativo. In queste comuni si concentrano 10.560 domande. 40.000 famiglie vivono in case di edilizia residenziale pubblica, in grande parte costruite prima del 1990. Come rinnovare il patrimonio edilizio esistente, incrementarlo, renderlo disponile con affitti sostenibili in un momento in cui l'acceso alla casa "di mercato" è diventato difficile, specie per alcune fasci di popolazione, è la questione legata alla discussione del Piano Strategico delle Politiche della Casa nel Veneto 2013/20 da oggi in Consiglio Regionale. Un piano che prevede la messa in vendita agli assegnatari di circa 18.000 alloggi in sette anni, l'introduzione di nuovi criteri di reddito per l'assegnazione, diversa durata dei contratti di affitto. Una partita che potrebbe movimentare un miliardo di euro in sette anni, secondo la giunta. Tuttavia rimangono alcune valutazioni molto critiche: la vendita può ridurre ulteriormente la disponibiità di alloggi da assegnare in affitto, che rappresenta la vera emergenza, a fronte di tempi lunghi per le nuove costruzioni. La stessa previsione di possibilità di acquisto da parte degli inquilini non fa i conti con la dimensione della crisi economica e la ristrettezza del credito. Infine l'investimento per l'efficentamento energetico del patrimonio edilizio pubblico, che mediamente ha trent'anni di vita, appare troppo timido.
un tempo, ora edilizia sovvenzionata, agevolata e calmierata. 8 alloggi ogni mille abitanti. I dati degli ultimi bandi per l'assegnazione di questi alloggi hanno visto 700 assegnazioni a fronte di 18.000 domande. Il 28% dei comuni non ha nemmeno pubblicato il bando, non avendo alloggi disponibili. Nel frattempo ben 29 comuni sono classificati ad alta tensione abitativa, segnalano quindi un forte disagio abitativo. In queste comuni si concentrano 10.560 domande. 40.000 famiglie vivono in case di edilizia residenziale pubblica, in grande parte costruite prima del 1990. Come rinnovare il patrimonio edilizio esistente, incrementarlo, renderlo disponile con affitti sostenibili in un momento in cui l'acceso alla casa "di mercato" è diventato difficile, specie per alcune fasci di popolazione, è la questione legata alla discussione del Piano Strategico delle Politiche della Casa nel Veneto 2013/20 da oggi in Consiglio Regionale. Un piano che prevede la messa in vendita agli assegnatari di circa 18.000 alloggi in sette anni, l'introduzione di nuovi criteri di reddito per l'assegnazione, diversa durata dei contratti di affitto. Una partita che potrebbe movimentare un miliardo di euro in sette anni, secondo la giunta. Tuttavia rimangono alcune valutazioni molto critiche: la vendita può ridurre ulteriormente la disponibiità di alloggi da assegnare in affitto, che rappresenta la vera emergenza, a fronte di tempi lunghi per le nuove costruzioni. La stessa previsione di possibilità di acquisto da parte degli inquilini non fa i conti con la dimensione della crisi economica e la ristrettezza del credito. Infine l'investimento per l'efficentamento energetico del patrimonio edilizio pubblico, che mediamente ha trent'anni di vita, appare troppo timido.
giovedì 4 luglio 2013
CONTRATTO DEL PROJECT: DA OGGI NELLE MANI DEI SINDACI
"Il project financing dell'ospedale di Santorso è ufficialmente nelle mani dei sindaci", scrive oggi un quotidiano
vicentino. E' passato circa un mese dal parere che il servizio ispettivo del Consiglio Regionale aveva rilasciato sull'argomento su mia richiesta. Si apre finalmente il coperchio del pentolone del contratto che ha regolato la costruzione del nuovo ospedale di Santorso e che determina gli oneri finanziari a carico del bilancio dell'ULSS 4. Un passo avanti sul fronte della trasparenza che era atteso da tempo da tutta la comunità dell'alto vicentino.
vicentino. E' passato circa un mese dal parere che il servizio ispettivo del Consiglio Regionale aveva rilasciato sull'argomento su mia richiesta. Si apre finalmente il coperchio del pentolone del contratto che ha regolato la costruzione del nuovo ospedale di Santorso e che determina gli oneri finanziari a carico del bilancio dell'ULSS 4. Un passo avanti sul fronte della trasparenza che era atteso da tempo da tutta la comunità dell'alto vicentino.
martedì 2 luglio 2013
LINEA VICENZA-SCHIO: DECISIONI DA RIVEDERE, A RISCHIO QUALITÀ DEL SERVIZIO
Sulla linea ferroviaria Vicenza-Schio la Regione Veneto ha preso decisioni che mettono a rischio la qualità del servizio. Chiediamo all’Assessore Chisso di ripensarci, e proprio per questo ho lanciato questa mattina da Dueville un appello assieme a tutti i rappresentanti di alcuni dei Comuni interessati dalla tratta ferroviaria.
Con il nuovo orario cadenzato ci sarà una riduzione delle corse, da 23 a 17 durante i giorni feriali, ridotte ulteriormente a 7 nei giorni festivi. L’ultima corsa prevista da Vicenza a Schio sarà quella delle 18.40! In questo modo diventerà improponibile l'uso combinato di treni regionali e Frecce per andare a Milano o Venezia in giornata. Un’altra problematica riguarda le coincidenze: ad esempio il regionale veloce per Verona con il nuovo orario partirà 1 minuto dopo l'arrivo del treno da Schio, mentre per il tragitto da Schio a Padova, di 68 chilometri, serviranno 69 minuti.
C’è un problema generale di impostazione. Non solo le risorse regionali per il traffico pendolare sono scarse e in calo, ma in più manca qualsiasi sforzo di coordinamento e integrazione tra gli orari del trasporto ferroviario e gli orari e le linee del trasporto su gomma, malgrado entrambi siano contribuiti da fondi regionali. Questo accade anche a Vicenza, dove le Ftv non si interfacciano minimamente con le Ferrovie dello Stato.
Concorde l'assessore del Comune di Dueville Michele Cisco, che a nome di tutti i presenti dichiara: "Troviamo sbagliato l’approccio della Regione perché si colpiscono studenti e lavoratori. La politica dovrebbe semmai incentivarli e sostenerli, anche premiando il ricorso a mezzi di trasporto sostenibili. Come amministrazioni locali, da Schio a Vicenza, siamo tutti concordi sulla necessità di ammodernare la linea, realizzando un orario cadenzato di stampo europeo, con passaggi frequenti e coincidenze ben programmate".
Con il nuovo orario cadenzato ci sarà una riduzione delle corse, da 23 a 17 durante i giorni feriali, ridotte ulteriormente a 7 nei giorni festivi. L’ultima corsa prevista da Vicenza a Schio sarà quella delle 18.40! In questo modo diventerà improponibile l'uso combinato di treni regionali e Frecce per andare a Milano o Venezia in giornata. Un’altra problematica riguarda le coincidenze: ad esempio il regionale veloce per Verona con il nuovo orario partirà 1 minuto dopo l'arrivo del treno da Schio, mentre per il tragitto da Schio a Padova, di 68 chilometri, serviranno 69 minuti.
C’è un problema generale di impostazione. Non solo le risorse regionali per il traffico pendolare sono scarse e in calo, ma in più manca qualsiasi sforzo di coordinamento e integrazione tra gli orari del trasporto ferroviario e gli orari e le linee del trasporto su gomma, malgrado entrambi siano contribuiti da fondi regionali. Questo accade anche a Vicenza, dove le Ftv non si interfacciano minimamente con le Ferrovie dello Stato.
Concorde l'assessore del Comune di Dueville Michele Cisco, che a nome di tutti i presenti dichiara: "Troviamo sbagliato l’approccio della Regione perché si colpiscono studenti e lavoratori. La politica dovrebbe semmai incentivarli e sostenerli, anche premiando il ricorso a mezzi di trasporto sostenibili. Come amministrazioni locali, da Schio a Vicenza, siamo tutti concordi sulla necessità di ammodernare la linea, realizzando un orario cadenzato di stampo europeo, con passaggi frequenti e coincidenze ben programmate".
venerdì 28 giugno 2013
SE LE SCHEDE OSPEDALIERE PARLANO CHIARO QUELLE TERRITORIALI NO
E' iniziata ieri in commissione sanità la discussione sulle schede di dotazione ospedaliera e territoriale attese
da oltre un anno. Coerentemente con le indicazioni del nuovo piano sociosanitario che aveva fissato in 3 posti letto per mille abitanti lo standard per gli ospedali si registrano 1.227 posti letto in meno in Veneto. A conferma che la provicnia di Vicenza era già stata oggetto di riduzione, oggi è l'unica che registra un + 11 posti letto in programmazione negli ospedali. Le schede sono molto chiare per quanto riguarda l'organizzazione ospedaliera, riportando con dettaglio servizi, primariati, posti letto, forme dipartimentali, dotazione della rete di urgenza/emergenza. Non altrettanto si può dire delle schede territoriali. Se veramente si intende spostare il baricentro dall'ospedale al territorio ci saremmo aspettati che altrettando dettagliate fossero le dotazioni dei servizi territoriali. A parte l'indicazione dei posti letto di strutture intermedie (ospedale di comunità, hospice...) da attivare, rimane del tutto indefinito il modello organizzativo delle reti assistenziali, non sono specificati gli obiettivi di copertura delle forme di assistenza domiciliare integrata. L'attivazione delle medicine di gruppo integrate, le forme di collaborazione tra i medici di famglie, è stato trattato con accordo separato, come se fosse cose diversa dalla programmazione sociosanitaria. Nella prima seduta di ieri è rimasta senza risposta la domanda sulle risorse necessarie ad attivare i 1.263 posti di strutture intermedie in Veneto, e sulla loro reale disponibilità. E lo stesso dicasi per l'attivazione della rete dell'assistenza primaria (le medicine di gruppo di cui sopra). Senza una chiara definizione delle dotazioni territoriali c'è poco da sbandierare che in Veneto avremo meno osti letto ma più assistenza. Se il sistema sociosaniatrio veneto vuol camminare su due gambe, ospedale e territorio, anche la seconda deve avere tutto ciò che gli serve. Dalla prossima settimana audizioni, vedremo cosa ne pensano i sindaci, gli operatori professionali, le associazioni.
da oltre un anno. Coerentemente con le indicazioni del nuovo piano sociosanitario che aveva fissato in 3 posti letto per mille abitanti lo standard per gli ospedali si registrano 1.227 posti letto in meno in Veneto. A conferma che la provicnia di Vicenza era già stata oggetto di riduzione, oggi è l'unica che registra un + 11 posti letto in programmazione negli ospedali. Le schede sono molto chiare per quanto riguarda l'organizzazione ospedaliera, riportando con dettaglio servizi, primariati, posti letto, forme dipartimentali, dotazione della rete di urgenza/emergenza. Non altrettanto si può dire delle schede territoriali. Se veramente si intende spostare il baricentro dall'ospedale al territorio ci saremmo aspettati che altrettando dettagliate fossero le dotazioni dei servizi territoriali. A parte l'indicazione dei posti letto di strutture intermedie (ospedale di comunità, hospice...) da attivare, rimane del tutto indefinito il modello organizzativo delle reti assistenziali, non sono specificati gli obiettivi di copertura delle forme di assistenza domiciliare integrata. L'attivazione delle medicine di gruppo integrate, le forme di collaborazione tra i medici di famglie, è stato trattato con accordo separato, come se fosse cose diversa dalla programmazione sociosanitaria. Nella prima seduta di ieri è rimasta senza risposta la domanda sulle risorse necessarie ad attivare i 1.263 posti di strutture intermedie in Veneto, e sulla loro reale disponibilità. E lo stesso dicasi per l'attivazione della rete dell'assistenza primaria (le medicine di gruppo di cui sopra). Senza una chiara definizione delle dotazioni territoriali c'è poco da sbandierare che in Veneto avremo meno osti letto ma più assistenza. Se il sistema sociosaniatrio veneto vuol camminare su due gambe, ospedale e territorio, anche la seconda deve avere tutto ciò che gli serve. Dalla prossima settimana audizioni, vedremo cosa ne pensano i sindaci, gli operatori professionali, le associazioni.
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giovedì 20 giugno 2013
SI APRE LA COMMISSIONE D'INCHIESTA SUL PROJECT FINANCING
Sono stato eletto Presidente della Commissione Regionale d’inchiesta sui Lavori Pubblici in Project Financing. Si tratta della seconda commissione regionale d’inchiesta varata dal 2010 ad oggi, dopo quella sull’Arpav che ha concluso proprio in questi giorni il suo operato. La Commissione resterà in carica per sei mesi, rinnovabili per altri sei.
Il senso di questa Commissione è che il Consiglio Regionale intende esercitare sino in fondo il suo ruolo ispettivo e di controllo. Il tema delle opere pubbliche regionali realizzate attraverso il meccanismo del project financing è cruciale per i problemi del presente della nostra Regione e, francamente, anche per quelli del suo futuro.
Il senso di questa Commissione è che il Consiglio Regionale intende esercitare sino in fondo il suo ruolo ispettivo e di controllo. Il tema delle opere pubbliche regionali realizzate attraverso il meccanismo del project financing è cruciale per i problemi del presente della nostra Regione e, francamente, anche per quelli del suo futuro.
mercoledì 19 giugno 2013
LE SCHEDE DI DOTAZIONE OSPEDALIERA-TERRITORIALE DEL VENETO
La Giunta Regionale ha adottato ieri le schede di dotazione ospedaliera-territoriale. Ora le schede saranno
esaminate dalla Commissione Sanità del Consiglio Regionale che deve esprimere il parere previsto. In prima lettura mi vien da dire: tagli certi, servizi territoriali incerti. Ci tornerò, nel frattempo per chi ha voglia di consultarle le trovate ai link. Le schede ospedaliere del vicentino sono al file schede1. Buona lettura.
schede1
schede2
schede3
schede4
esaminate dalla Commissione Sanità del Consiglio Regionale che deve esprimere il parere previsto. In prima lettura mi vien da dire: tagli certi, servizi territoriali incerti. Ci tornerò, nel frattempo per chi ha voglia di consultarle le trovate ai link. Le schede ospedaliere del vicentino sono al file schede1. Buona lettura.
schede1
schede2
schede3
schede4
sabato 15 giugno 2013
NUCLEARE: A DUE ANNI DAL REFERENDUM
Sono passati due dal referendum sul nucleare. Nel frattempo il mercato energetico è profondamente
cambiato. La domanda elettrica, complice la crisi economica, è calata del 18% rispetto al 2008 e la potenza termoelettrica in forte eccesso (80 GW contro una potenza di punta di 56 GW). Le rinnovabili coprono il 32% dei consumi elettrici e il 36% della produzione nazionale. Scenario ben diverso da quello dell'allora ministro Scajola, che parlava di 25% di elettricità nucleare e di 25% di rinnovabili al 2030, una data in cui l’elettricità verde si avvicinerà al 50%.L'Unione Europea spinge fortemente sull'efficienza energetica, cui sarà destinato almeno il 20% dei fondi per lo sviluppo regionale della prossima programmazione. Il governo Monti ha adottato il nuovo piano energetico nazionale poco prima di concludere la sua corsa, timido negli obiettivi e conservativo nelle strategie, e ora tocca alle regioni. Veneto come sempre in gran ritardo. La CO2 in atmosfera non smette però di crescere e ha raggiunto livelli massimi mai registrati. La transizione energetica rimane quindi una delle sfide più importanti di questo secolo. Qualche segnale positivo è arrivato dal nuovo governo Letta, con la proroga del bonus sull'efficentamento energetico e il suo inalzamento al 65%. Rimane ancora in gran parte da esplorare il settore delle smart grid e dei sistemi di accumulo, che potrebbero davvero segnare la discontinuità tra un sistema di produzione centralizzato e un sistema decentrato.
Interessante capire cosa sta succedendo in Germania, attraverso le parole di Karl-Ludwig Schibel, direttore dell'Agenzia Energetica Tedesca (Dena).

cambiato. La domanda elettrica, complice la crisi economica, è calata del 18% rispetto al 2008 e la potenza termoelettrica in forte eccesso (80 GW contro una potenza di punta di 56 GW). Le rinnovabili coprono il 32% dei consumi elettrici e il 36% della produzione nazionale. Scenario ben diverso da quello dell'allora ministro Scajola, che parlava di 25% di elettricità nucleare e di 25% di rinnovabili al 2030, una data in cui l’elettricità verde si avvicinerà al 50%.L'Unione Europea spinge fortemente sull'efficienza energetica, cui sarà destinato almeno il 20% dei fondi per lo sviluppo regionale della prossima programmazione. Il governo Monti ha adottato il nuovo piano energetico nazionale poco prima di concludere la sua corsa, timido negli obiettivi e conservativo nelle strategie, e ora tocca alle regioni. Veneto come sempre in gran ritardo. La CO2 in atmosfera non smette però di crescere e ha raggiunto livelli massimi mai registrati. La transizione energetica rimane quindi una delle sfide più importanti di questo secolo. Qualche segnale positivo è arrivato dal nuovo governo Letta, con la proroga del bonus sull'efficentamento energetico e il suo inalzamento al 65%. Rimane ancora in gran parte da esplorare il settore delle smart grid e dei sistemi di accumulo, che potrebbero davvero segnare la discontinuità tra un sistema di produzione centralizzato e un sistema decentrato.
Interessante capire cosa sta succedendo in Germania, attraverso le parole di Karl-Ludwig Schibel, direttore dell'Agenzia Energetica Tedesca (Dena).

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giovedì 13 giugno 2013
IN VENETO ANCHE IL PORTO VUOLE IL TRENO
Non capita tutti i giorni di poter ascoltare le relazioni dei protagonisti del sistema infrastrutturale del Veneto,
uno accanto all'altro. E' successo ieri nella seduta congiunta della II e della VII commissione regionale, con Mauro Fabris, commissasrio al traforo del Brennero, Bortolo Mainardi, commissario per la TAV Venezia-Trieste, Paolo Costa, autorità del porto di Venezia. In aggiunta i rappresentanti di Confindustria Veneto con la loro proposta di alta velocità in project financing. Se ne ricava un quadro abbastanza chiaro:
-solo il corridoio del Brennero sta procedendo con le opere, e i finanziamenti, per la realizzazione del traforo ferroviario e il relativo potenziamento della linea, con il dichiarato obiettivo di spostare traffico pesante dalla gomma al ferro. Nel 2026, apertura del traforo, dai 240 treni merci di oggi si arriverà ai 400.
-sulla Venezia-Trieste il commissario ha candidamente dichiarato che dopo approfondite valutazioni non vale la pena di spendere 9 miiardi per una linea ad altà velocità, meglio sistemare l'esistente e con 800 milioni si rende la tratta efficiente.
-la relazione di Paolo Costa meriterebbe un lungo resoconto. Dalla Cina a Rotterdam, passando per il pescaggio delle supernavi, la soglia delle paratie del Mose, la bonifica delle aree di Marghera, i flussi commerciali internazionali.......ma per arrivare alle previsioni di sviluppo dei porti dell'alto adriatico, e in particolare, di quello veneziano. Compreso il porto off shore. Ma vale la conclusione della sua audizione: "Sono le ferrovie che fanno grandi i porti".
-un pò defilata la presentazione dello studio di fattibilità del project di Confindustria sulla'Altà Velocità, o meglio alta capacità, Verona-Padova. Ma qui incombe il dato inesorabile, che vale anche per la Venezia-Trieste, che non c'è un euro di finanziamento per questa tratta che pure presenta capacità di traffico inutilizzate e quindi potrebbe, con molto meno dei 4 miliardi stimati, essere resa più efficiente.
Nell'ordine le priorità sembrano queste, se si vuol stare nel mondo del possibile: adeguare la rete ferroviaria veneta alle necessità di trasferimento delle merci in arrivo al porto di Venezia verso il Brennero e l'est Europa, potenziamento dei collegamenti metropolitani regionali ai due nodi di Verona e Padova per il traffico passeggeri, collegamento ferroviario per l'aereoporto di Venezia. Singolare che nessuno degli intervenuti abbia considerato il prolungamento della Valdastico, o della Alemagna, o la nuova Valsugana, come infrastrutture strategiche nella rete dei corridoi europei. Dico nessuno, nemmeno una citazione. Ma una verifica della compatibilità dei collegamenti previsti collegamenti stradali verso nord, con gli indirizzi europei, Zaia e Chisso quando la faranno?
uno accanto all'altro. E' successo ieri nella seduta congiunta della II e della VII commissione regionale, con Mauro Fabris, commissasrio al traforo del Brennero, Bortolo Mainardi, commissario per la TAV Venezia-Trieste, Paolo Costa, autorità del porto di Venezia. In aggiunta i rappresentanti di Confindustria Veneto con la loro proposta di alta velocità in project financing. Se ne ricava un quadro abbastanza chiaro:
-solo il corridoio del Brennero sta procedendo con le opere, e i finanziamenti, per la realizzazione del traforo ferroviario e il relativo potenziamento della linea, con il dichiarato obiettivo di spostare traffico pesante dalla gomma al ferro. Nel 2026, apertura del traforo, dai 240 treni merci di oggi si arriverà ai 400.
-sulla Venezia-Trieste il commissario ha candidamente dichiarato che dopo approfondite valutazioni non vale la pena di spendere 9 miiardi per una linea ad altà velocità, meglio sistemare l'esistente e con 800 milioni si rende la tratta efficiente.
-la relazione di Paolo Costa meriterebbe un lungo resoconto. Dalla Cina a Rotterdam, passando per il pescaggio delle supernavi, la soglia delle paratie del Mose, la bonifica delle aree di Marghera, i flussi commerciali internazionali.......ma per arrivare alle previsioni di sviluppo dei porti dell'alto adriatico, e in particolare, di quello veneziano. Compreso il porto off shore. Ma vale la conclusione della sua audizione: "Sono le ferrovie che fanno grandi i porti".
-un pò defilata la presentazione dello studio di fattibilità del project di Confindustria sulla'Altà Velocità, o meglio alta capacità, Verona-Padova. Ma qui incombe il dato inesorabile, che vale anche per la Venezia-Trieste, che non c'è un euro di finanziamento per questa tratta che pure presenta capacità di traffico inutilizzate e quindi potrebbe, con molto meno dei 4 miliardi stimati, essere resa più efficiente.
Nell'ordine le priorità sembrano queste, se si vuol stare nel mondo del possibile: adeguare la rete ferroviaria veneta alle necessità di trasferimento delle merci in arrivo al porto di Venezia verso il Brennero e l'est Europa, potenziamento dei collegamenti metropolitani regionali ai due nodi di Verona e Padova per il traffico passeggeri, collegamento ferroviario per l'aereoporto di Venezia. Singolare che nessuno degli intervenuti abbia considerato il prolungamento della Valdastico, o della Alemagna, o la nuova Valsugana, come infrastrutture strategiche nella rete dei corridoi europei. Dico nessuno, nemmeno una citazione. Ma una verifica della compatibilità dei collegamenti previsti collegamenti stradali verso nord, con gli indirizzi europei, Zaia e Chisso quando la faranno?
sabato 8 giugno 2013
BASTA SEGRETI SUL PROJECT FINANCING DI SANTORSO
Gli accordi fra Ulss e privati sulla costruzione e gestione
del nuovo ospedale non possono rimanere riservati,
ma sono conoscibili
dall´opinione pubblica tramite i propri sindaci. Perché i cittadini
hanno il diritto di sapere come opera il pubblico e come destina le
risorse. Lo sostiene la direzione attività ispettiva e vigilanza socio
sanitaria del Consiglio Regionale veneto.Il Servizio Ispettivo sociosanitario è un organismo che ha poteri ispettivi e fornisce pareri su questioni
giuridiche complesse. Ad esempio quella del project financing del
nosocomio di Santorso, che i sindaci dell´area avevano chiesto di vedere
più volte dopo le polemiche sui parcheggi a pagamento. Ieri ho mostrato ai sindaci dell'esecutivo dell'ULSS 4 la risposta che il Servizio Ispettivo ha formulato su mia precisa richiesta. Il documento
della direzione ispettiva è chiarissimo e non può dare adito ad
interpretazioni. Si dice testualmente: “Si evince in modo inequivocabile che la
Conferenza dei sindaci è titolata alle attività di verifica e controllo e
l´esercizio di queste non può prescindere dalla conoscenza di atti e
documenti inerenti la gestione dell´azienda sanitaria”. Il parere dice
anche che l´accesso agli atti è tanto più giustificato quanto più
significativi sono essi nell´ambito dell´andamento aziendale.
Sintetizzato, significa che la Conferenza dei sindaci deve poter vedere
il poject financing e deve poter conoscere i rapporti economici instaurati fra privato
e Ulss. Secondo il parere pure il Piano Economico Finanziario deve essere accessibile, in articolare scrive il Servizio Ispettivo:"la giurisprudenza....lungi dal negarne il diritto all'ostensione tout court, ne legittima esclusivamente il differimento al momento della conclusione della procedure di evidenza pubblica......Condizioni che, all'evidenza, non ricorrono nel caso in esame". Tradotto: basta segreti sul contratto del project di Santorso. Ora l'ULSS trasmetta il documento i sindaci.
mercoledì 5 giugno 2013
OPERAESTATE FESTIVAL: CON LA CULTURA SI MANGIA
Ieri è stato presentato a Venezia il cartellone dell'edizione 2013 di Operaestate Festival. Oltre 300 eventi, in
38 città del Veneto. Molto spazio al contemporaneo, soprattutto la danza, e valorizzazione di artisti emergenti. Attenzione ai luoghi, le bolle Nardini o villa Da Porto a Montorso, e collaborazioni internazionali. Un festival che coinvolge tre provicnie ma non è per niente provinciale, un festival che produce cultura e non si limita a prendere in affitto dai cataloghi delle agenzie. Un festival europeo visto che Bassano è l'unica Casa della Danza italiana riconosciuta dall'European Dancehouse Network, e questo gli permette delle vere residenze artistiche. Ma soprattutto un festival che può ben dire che con la cultura si mangia. Infatti Operaestate ha affidato alla fondazione Fiztcarraldo di Torino una valutazione completa delle ricadute economiche dirette e indirette del festival sul territorio. Risultati: a fronte di una spesa (o meglio investimento) di 950.000 euro dell'edizione 2012, l'economia addizionale diretta è risultata di 1,93 milioni di euro (presenze alberghiere, ristorazione, shopping, forniture......). Gli effetti economici indiretti sarebbero compresi tra i 2,7 e 3,5 milioni di euro. Molte le informazioni utili per una valutazione dell'impatto di questa iniziativa, i flussi turistici, il grado di conoscenza e la considerazione della popolazione in generale, l'effetto brand su Bassano....In conclusione una chiara risposta alla domanda: con la cultura si mangia? Si.
Operaestate 2013
Report su Operaestate curato da Fitzcarraldo
38 città del Veneto. Molto spazio al contemporaneo, soprattutto la danza, e valorizzazione di artisti emergenti. Attenzione ai luoghi, le bolle Nardini o villa Da Porto a Montorso, e collaborazioni internazionali. Un festival che coinvolge tre provicnie ma non è per niente provinciale, un festival che produce cultura e non si limita a prendere in affitto dai cataloghi delle agenzie. Un festival europeo visto che Bassano è l'unica Casa della Danza italiana riconosciuta dall'European Dancehouse Network, e questo gli permette delle vere residenze artistiche. Ma soprattutto un festival che può ben dire che con la cultura si mangia. Infatti Operaestate ha affidato alla fondazione Fiztcarraldo di Torino una valutazione completa delle ricadute economiche dirette e indirette del festival sul territorio. Risultati: a fronte di una spesa (o meglio investimento) di 950.000 euro dell'edizione 2012, l'economia addizionale diretta è risultata di 1,93 milioni di euro (presenze alberghiere, ristorazione, shopping, forniture......). Gli effetti economici indiretti sarebbero compresi tra i 2,7 e 3,5 milioni di euro. Molte le informazioni utili per una valutazione dell'impatto di questa iniziativa, i flussi turistici, il grado di conoscenza e la considerazione della popolazione in generale, l'effetto brand su Bassano....In conclusione una chiara risposta alla domanda: con la cultura si mangia? Si.
Operaestate 2013
Report su Operaestate curato da Fitzcarraldo
venerdì 31 maggio 2013
EUROPA TEDESCA? LE RIFLESSIONI, UTILI, DI ULRICH BECK

giovedì 23 maggio 2013
46.049.QUANDO LA CASA FA DA OSPEDALE
46.059 sono i cittadini veneti che ricevono cure a domicilio contribuite dalla Regione Veneto. Dall'assistenza
domiciliare, all'assegno di cura, dai progetti per la vita indipendente all'assistenza per le gravi disabilità psichiche. Dopo il rischio della sospensione delle risorse destinate a queste prestazioni, in quanto ritenute non rientranti nei Livelli Essenziali di Assistenza, su sollecitazione della commissione sanità la giunta ha adottato un nuovo criterio per l'accesso alle cure domiciliari. Impegnativa di Cura Domiciliare si chiama il nuovo sistema che riforma l'insieme degli interventi rivolti alle cure domiciliari nell'ambito della non autosufficienza. Valgono 101 milioni di euro, non tutti i 126 milioni che rischiavano la sospensione. 46.059 veneti che non fanno notizia, niente grida sui giornali come quando si tocca qualche posto letto in ospedale. Tra questi anche i malati di SLA e colore che richiedono una assitenza continuativa di 24 ore (sono 729 in Veneto). Non ci sono primari qui ma i famigliari e gli assistenti a domicilio, comprese le cosiddette badanti. Un universo sommerso, silenzioso, che merita maggiore attenzione e maggiori risorse. Dai 100 ai 1000 euro al mese, anche qualcosa in più a volte, che fanno la differenza per migliaia di famiglie. Di questo si discute in queste settimane in commisione sanità del Veneto.
domiciliare, all'assegno di cura, dai progetti per la vita indipendente all'assistenza per le gravi disabilità psichiche. Dopo il rischio della sospensione delle risorse destinate a queste prestazioni, in quanto ritenute non rientranti nei Livelli Essenziali di Assistenza, su sollecitazione della commissione sanità la giunta ha adottato un nuovo criterio per l'accesso alle cure domiciliari. Impegnativa di Cura Domiciliare si chiama il nuovo sistema che riforma l'insieme degli interventi rivolti alle cure domiciliari nell'ambito della non autosufficienza. Valgono 101 milioni di euro, non tutti i 126 milioni che rischiavano la sospensione. 46.059 veneti che non fanno notizia, niente grida sui giornali come quando si tocca qualche posto letto in ospedale. Tra questi anche i malati di SLA e colore che richiedono una assitenza continuativa di 24 ore (sono 729 in Veneto). Non ci sono primari qui ma i famigliari e gli assistenti a domicilio, comprese le cosiddette badanti. Un universo sommerso, silenzioso, che merita maggiore attenzione e maggiori risorse. Dai 100 ai 1000 euro al mese, anche qualcosa in più a volte, che fanno la differenza per migliaia di famiglie. Di questo si discute in queste settimane in commisione sanità del Veneto.
domenica 19 maggio 2013
FEDERALISMO FISCALE E PRINCIPIO RESPONSABILITA', IL MINISTRO DEL RIO HA LE IDEE CHIARE

l governo si è preso 100 giorni per mettere mano a un riordino della tassazione sugli immobili che vale 50 miliardi circa.
L'intervista al Ministro Del Rio
venerdì 17 maggio 2013
BASTA IMU, AVANTI CON LA SUPER-IMU
Niente rata di giugno per l'IMU. E' questa la decisione presa dal governo Letta. Esulta Berlusconi che dopo
averla introdotta ora ne rivendica l'abolizione. In realtà mi pare che il governo proceda con una certa prudenza, dettata non solo dalle ristrettezze finanziarie. C'è da capire come si possa assicurare autonomia finanziaria ai comuni senza una tassa sui patrimoni locali. Infatti imposte come l'IMU, o prima l'ICI, esistono in tutti i paesi che riconoscono ai comuni una vera autonomia. Certo, dipende da come viene applicata. Tuttavia per capirne un pò di più vale la pena di leggere le pagine di "Federalismo all'italiana", il libro che Luca Antonini ha pubblicato qualche mese fa e che ho avuto il piacere di presentare a Vicenza. Antonini, docente a Padova di diritto costituzionale tributario, è stato, e forse è ancora, presidente della Commissione Tecnica per l'Attuazione del Federalismo Fiscale. E da tutti, a destra come a sinistra, riconosciuto come uno dei massimi esperti in questo campo e il suo nome è circolato anche per la convenzione per le riforme di cui, però, si è persa traccia. Ebbene cosa ci dice sull'IMU Antonini? Che andrebbe profondamente cambiata, tenendo conto che la Commissione che ha presieduto ha evidenziato come un quarto del patrimonio residenziale degli italiani, pari a 6.335 miliardi di euro, sia concentrato nelle mani del 5% del totale dei proprietari di immobili. Tradotto: il 5% dei proprietari detiene il 25% del patrimonio. Concentrando il prelievo su questo 5%, si potrebbe rimodulare l'intera IMU, esentare le categorie deboli e gli immobili produttivi delle imprese. Antonini l'ha chiamata super-IMU, verrebbe pagata da 21 mila persone fisiche e circa 50 mila imprese, e con un'aliquota dell'1% genererebbe un gettito di 4 miliardi l'anno. Basta con l' IMU quindi, avanti con la super-IMU. Una proposta che la Commisione aveva studiato proprio sul finire del 2012.
Il libro di Antonini non parla, ovviamente, solo di questo. E' un ritratto senza veli sul percorso accidentato del federalismo in Italia, delle sperequazioni di spesa tra regioni e comuni. Un appello perchè si riprenda la strada dell'equità e dell'efficacia della spesa pubblica senza cadere in false scorciatoie (per inciso Antonini considera sbagliata la rivendicazione leghista del 75%), con l'obiettivo che il principio del pago-vedo-voto possa essere concreta realtà anche nel nostro paese.
averla introdotta ora ne rivendica l'abolizione. In realtà mi pare che il governo proceda con una certa prudenza, dettata non solo dalle ristrettezze finanziarie. C'è da capire come si possa assicurare autonomia finanziaria ai comuni senza una tassa sui patrimoni locali. Infatti imposte come l'IMU, o prima l'ICI, esistono in tutti i paesi che riconoscono ai comuni una vera autonomia. Certo, dipende da come viene applicata. Tuttavia per capirne un pò di più vale la pena di leggere le pagine di "Federalismo all'italiana", il libro che Luca Antonini ha pubblicato qualche mese fa e che ho avuto il piacere di presentare a Vicenza. Antonini, docente a Padova di diritto costituzionale tributario, è stato, e forse è ancora, presidente della Commissione Tecnica per l'Attuazione del Federalismo Fiscale. E da tutti, a destra come a sinistra, riconosciuto come uno dei massimi esperti in questo campo e il suo nome è circolato anche per la convenzione per le riforme di cui, però, si è persa traccia. Ebbene cosa ci dice sull'IMU Antonini? Che andrebbe profondamente cambiata, tenendo conto che la Commissione che ha presieduto ha evidenziato come un quarto del patrimonio residenziale degli italiani, pari a 6.335 miliardi di euro, sia concentrato nelle mani del 5% del totale dei proprietari di immobili. Tradotto: il 5% dei proprietari detiene il 25% del patrimonio. Concentrando il prelievo su questo 5%, si potrebbe rimodulare l'intera IMU, esentare le categorie deboli e gli immobili produttivi delle imprese. Antonini l'ha chiamata super-IMU, verrebbe pagata da 21 mila persone fisiche e circa 50 mila imprese, e con un'aliquota dell'1% genererebbe un gettito di 4 miliardi l'anno. Basta con l' IMU quindi, avanti con la super-IMU. Una proposta che la Commisione aveva studiato proprio sul finire del 2012.
Il libro di Antonini non parla, ovviamente, solo di questo. E' un ritratto senza veli sul percorso accidentato del federalismo in Italia, delle sperequazioni di spesa tra regioni e comuni. Un appello perchè si riprenda la strada dell'equità e dell'efficacia della spesa pubblica senza cadere in false scorciatoie (per inciso Antonini considera sbagliata la rivendicazione leghista del 75%), con l'obiettivo che il principio del pago-vedo-voto possa essere concreta realtà anche nel nostro paese.
ARPAV: SIAMO AL LIVELLO DI GUARDIA. LA RISPOSTA TOCCA ALLA GIUNTA
Le audizioni in commissione ambiente del Consiglio Regionale hanno definitivamente chiarito che senza un
intervento straordinario che risolva il peso del debito pregresso l'agenzia rischia il collasso. Un debito, giova ricordarlo, generatosi per le scelte della precedente gestione e ampiamente illustrato dalla commissione di inchiesta istituita dal consiglio. Nonostante in questi ultimi due anni il debito complessivo dell'agenzia sia diminuito di quasi venti milioni di euro, l'esposizione supera i 19 milioni. Il presidente del collegio di revisione dell'agenzia non ha nascosto che se non interviene la giunta con un provvedimento straordinario i pagamenti sono a rischio, compresi gli stipendi. Sorprende ancor più che gli 8 milioni di euro assegnati con l'assestamento di bilancio del 2012 non siano stati trasferiti all'agenzia. In questo quadro, sia il mantenimento delle sedi periferiche (a costo zero, vista la disponibilità dei comuni a mettere a disposizione locali gratuiti), sia il laboratorio di Vicenza vengono sacrificati per ragioni politiche, non economiche. La latente volontà di depotenziare le attività dell'agenzia. Anche la proposta di scorporare le attività meteo, ininfluente sul bilancio regionale complessivo, appare come una ulteriore azione di indebolimento. Ora la risposta è tutta nelle mani della giunta regionale, da cui giungono voci flebili e confuse. O altrimenti interessate.
La rendicontazione presentata dal Direttore Generale dell'ARPAV sui risultati delle azioni previste dal piano strategico 2012-2014.
intervento straordinario che risolva il peso del debito pregresso l'agenzia rischia il collasso. Un debito, giova ricordarlo, generatosi per le scelte della precedente gestione e ampiamente illustrato dalla commissione di inchiesta istituita dal consiglio. Nonostante in questi ultimi due anni il debito complessivo dell'agenzia sia diminuito di quasi venti milioni di euro, l'esposizione supera i 19 milioni. Il presidente del collegio di revisione dell'agenzia non ha nascosto che se non interviene la giunta con un provvedimento straordinario i pagamenti sono a rischio, compresi gli stipendi. Sorprende ancor più che gli 8 milioni di euro assegnati con l'assestamento di bilancio del 2012 non siano stati trasferiti all'agenzia. In questo quadro, sia il mantenimento delle sedi periferiche (a costo zero, vista la disponibilità dei comuni a mettere a disposizione locali gratuiti), sia il laboratorio di Vicenza vengono sacrificati per ragioni politiche, non economiche. La latente volontà di depotenziare le attività dell'agenzia. Anche la proposta di scorporare le attività meteo, ininfluente sul bilancio regionale complessivo, appare come una ulteriore azione di indebolimento. Ora la risposta è tutta nelle mani della giunta regionale, da cui giungono voci flebili e confuse. O altrimenti interessate.
La rendicontazione presentata dal Direttore Generale dell'ARPAV sui risultati delle azioni previste dal piano strategico 2012-2014.
sabato 11 maggio 2013
DISCARICA VIANELLE: I CITTADINI MERITANO LA VERITÀ

IUS SOLI TEMPERATO. IN TEMPI NON SOSPETTI

Napolitano, lo Ius
soli e i conti della serva
"No
Taxation without Representation" fu utilizzato nel 1775 dalla
Virginia per sancire l'illeggittimità delle tasse nelle situazioni in cui era
assente la rappresentanza parlamentare dei cittadini. Era lo slogan dei coloni
inglesi in terra americana nei confronti della Corona. Un vecchio e sano
principio liberale quindi. Come il principio dello Ius soli, richiamato dal Presidente Napolitano. Ma apriti cielo, i
leghisti annunciano barricate, “ è l’anticamera del diritto di voto”, gridano.
Eppure….I cittadini stranieri residenti in Italia hanno dichiarato nel 2009
redditi per 40 miliardi di euro, secondo un recente, e interessante, rapporto
della Fondazione Leone Moressa. Si tratta in massima parte di redditi da lavoro
dipendente e pertanto soggetti agli oneri fiscali di tutti gli altri
lavoratori. 6 miliardi di versamenti Irpef sono venuti da questi “redditi
stranieri” (ecco la Taxation), senza contare gli altri oneri sociali, come i
contributi Inps. Come noto questi stessi cittadini non hanno nessun diritto di
“Representation”.
Veniamo ora al riconoscimento della cittadinanza ai giovani
stranieri nati e cresciuti in Italia. Essendo il nostro un paese dove i sani
principi civili faticano ad affermarsi, vediamo la questione dal lato
economico. Secondo
martedì 7 maggio 2013
INACCETTABILE COMMISSARIAMENTO IPAB VICENZA: È UNA MOSSA ELETTORALE
L’Assessore regionale Sernagiotto ha scritto oggi una brutta pagina del suo mandato. La decisione
della Giunta regionale di procedere al commissariamento dell’Ipab di Vicenza è inaccettabile e ingiustificata. Inaccettabile nei modi e ingiustificata nei contenuti.
Per lucrare un miserabile vantaggio elettorale si rischia di infangare anche la rispettabilità di persone perbene come i componenti dell’attuale consiglio di amministrazione. La decisione della Regione ha il sapore di un atto strumentale, che a dispetto di quanto proclamato dall’Assessore, sembra dettato dalla volontà di ritorsione contro una Ipab non allineata al vertice politico regionale, più che dalla reale preoccupazione per il bene di questo ente e degli anziani assistiti. La scelta di procedere ad un commissariamento, un atto straordinario di cui non si vedono francamente i presupposti, tradisce anche una fretta assai sospetta, che mi pare abbia spiegazioni di natura più politico-elettorale che di natura amministrativa.
Quelle citate dal comunicato della Giunta son ben altro che irregolarità. La relazione del servizio ispettivo evidenzia chiaramente la pesantissima eredità negativa lasciata dalla precedente gestione, cui l’Amministrazione Variati ha cercato di porre rimedio. Quanto ai dubbi sulla sostenibilità finanziaria dell’Accordo di Programma, delle due l’una: se la Regione ritiene insostenibile un’intesa di cui è firmataria, dovrebbe chiederne la revisione, anziché addossare al vertice dell’Ipab colpe non sue.
Quelle citate dal comunicato della Giunta son ben altro che irregolarità. La relazione del servizio ispettivo evidenzia chiaramente la pesantissima eredità negativa lasciata dalla precedente gestione, cui l’Amministrazione Variati ha cercato di porre rimedio. Quanto ai dubbi sulla sostenibilità finanziaria dell’Accordo di Programma, delle due l’una: se la Regione ritiene insostenibile un’intesa di cui è firmataria, dovrebbe chiederne la revisione, anziché addossare al vertice dell’Ipab colpe non sue.
E, citando le parole del segretario cittadino del Partito Democratico Enrico Peroni, "il commissariamento di IPAB da parte della Giunta Regionale del Veneto è un chiaro esempio di come la destra vicentina governa e vuole governare, basandosi sull'uso delle istituzioni a fini personali e per la costruzione di un sistema di potere. È la vecchia politica che ruggisce dopo 5 anni di buongoverno di Vicenza”.
venerdì 3 maggio 2013
PEDEMONTANA: BUCO DI 330 MILIONI, LA GIUNTA A CHI SI AFFIDA?
Il cantiere della Pedemontana? Siamo di fronte ad un caso quasi più unico che raro di opera lanciata
senza copertura finanziaria. Mancano 330 milioni di euro e la Giunta si affida alla “speranza” della defiscalizzazione. In qualità di vicecapogruppo del Partito Democratico in Consiglio Regionale del Veneto ho rivolto alla Giunta Regionale con due interrogazioni per chiedere chiarezza a riguardo.
Le questioni gravi qua sono almeno due. La prima è che non si capisce come la Giunta intenda affrontare il buco dei 330 milioni di euro mancanti al piano finanziario dell’opera, buco che al momento blocca l’accordo con le banche. E poi come si pensa di rispondere alle aziende artigiane che aspettano di essere pagate dal luglio scorso e sono da mesi senza certezze.
La Pedemontana era stata l’ennesima occasione di celebrare le virtù del project financing, ma se questi sono i frutti di questo strumento c’è di che preoccuparsi. E l’ipotesi di affidarsi alla defiscalizzazione per coprire un ammanco da centinaia di milioni di euro non è seria. Con priorità nazionali come la riduzione dell’Imu, il blocco dell’aumento dell’Iva e le risorse da stanziare per gli esodati, in Veneto qualcuno si affida alla defiscalizzazione sperando che possa essere la panacea capace di risolvere tutti i nodi. Non è serio.
sabato 27 aprile 2013
LE RISPOSTE DI CHISSO ALLA SERRACCHIANI
A stretto giro di posta, come si suol dire, è arrivata la replica dell'assessore regionale del Veneto alle
infrastrutture Renato Chisso alle dichiarazioni della nuova Presidente del Friuli.
"Se il buon giorno si vede dal mattino, allora ci attendono pessime giornate con la nuova presidente Serracchiani, che evidentemente considera il Veneto alla stregua di un protettorato del Friuli Venezia Giulia, per cui lei mette bocca su tutto per tutti. Beh, mi spiace deluderla: per i veneti decidono i veneti" esordisce Chisso sul Corriere del Veneto.
Serracchiani dice che per colpa del Veneto, ed in particolare della sua insistenza sul «tracciato balneare », si è perso tempo nella costruzione della Tav tra Venezia e Trieste.
«I tracciati non c’entrano nulla, la Tav è bloccata perché mancano i fondi. Lo Stato non ha soldi. Prova ne sia che prima della Venezia-Trieste, su cui potremmo pure discutere visto che per il Veneto è altrettanto interessante lo sbocco a Nord, verso Vienna, il governo deve sciogliere il nodo della Verona-Padova che è, in una parola, ferma».
Lei insiste sul tracciato lungo le spiagge? «Voglio che l’Alta Capacità/ Alta Velocità si faccia e sono aperto a qualsiasi soluzione. So che il commissario Mainardi sta lavorando sull’affiancamento alla linea esistente (Serracchiani è favorevole, ndr.), un’ipotesi che ha però di fronte a sé un ostacolo che mi pare insuperabile, vista la scarsità di risorse: come verrebbero bypassati i paesi attraversati dall’allargamento dei binari? Dove si troverebbero i soldi per le gallerie? Oppure pensano di sventrare i centri abitati? Come si vede il problema è complesso e si risolve con difficili mediazioni, non con battute estemporanee come quelle della presidente».
Tornando per un attimo sui binari, si deve perdere ogni speranza di vedere in funzione il sistema metropolitano Smfr? «I lavori proseguono senza sosta, basta leggersi le delibere. Abbiamo chiuso con Rfi l’accordo sull’orario cadenzato, tra giugno e settembre arriveranno i nuovi convogli… ».
Ma a giugno non doveva partire il servizio cadenzato? «E’ slittato tra settembre e novembre».
Intanto le autostrade si svuotano. Ha ancora senso continuare a costruirne, dalla Pedemontana alla Nogara Mare passando per la nuova Valsugana e la Valdastico Nord? «Dio ci scampi da un ragionamento del genere, ci riporta indietro di vent’anni, alle opere bloccate per legge. La crisi, e con essa la riduzione dei flussi di traffico, non sarà infinita e quando l’Italia ripartirà non possiamo farci trovare impreparati. Sarebbe catastrofico ». E le opere, nonostante le inchieste, si devono sempre fare in project financing. «Se si vogliono fare, sì. Altrimenti mi dicano dove trovare i soldi».
Come volevasi dimostrare. Per il Veneto le logiche non sono cambiate.
infrastrutture Renato Chisso alle dichiarazioni della nuova Presidente del Friuli.
"Se il buon giorno si vede dal mattino, allora ci attendono pessime giornate con la nuova presidente Serracchiani, che evidentemente considera il Veneto alla stregua di un protettorato del Friuli Venezia Giulia, per cui lei mette bocca su tutto per tutti. Beh, mi spiace deluderla: per i veneti decidono i veneti" esordisce Chisso sul Corriere del Veneto.
Serracchiani dice che per colpa del Veneto, ed in particolare della sua insistenza sul «tracciato balneare », si è perso tempo nella costruzione della Tav tra Venezia e Trieste.
«I tracciati non c’entrano nulla, la Tav è bloccata perché mancano i fondi. Lo Stato non ha soldi. Prova ne sia che prima della Venezia-Trieste, su cui potremmo pure discutere visto che per il Veneto è altrettanto interessante lo sbocco a Nord, verso Vienna, il governo deve sciogliere il nodo della Verona-Padova che è, in una parola, ferma».
Lei insiste sul tracciato lungo le spiagge? «Voglio che l’Alta Capacità/ Alta Velocità si faccia e sono aperto a qualsiasi soluzione. So che il commissario Mainardi sta lavorando sull’affiancamento alla linea esistente (Serracchiani è favorevole, ndr.), un’ipotesi che ha però di fronte a sé un ostacolo che mi pare insuperabile, vista la scarsità di risorse: come verrebbero bypassati i paesi attraversati dall’allargamento dei binari? Dove si troverebbero i soldi per le gallerie? Oppure pensano di sventrare i centri abitati? Come si vede il problema è complesso e si risolve con difficili mediazioni, non con battute estemporanee come quelle della presidente».
Tornando per un attimo sui binari, si deve perdere ogni speranza di vedere in funzione il sistema metropolitano Smfr? «I lavori proseguono senza sosta, basta leggersi le delibere. Abbiamo chiuso con Rfi l’accordo sull’orario cadenzato, tra giugno e settembre arriveranno i nuovi convogli… ».
Ma a giugno non doveva partire il servizio cadenzato? «E’ slittato tra settembre e novembre».
Intanto le autostrade si svuotano. Ha ancora senso continuare a costruirne, dalla Pedemontana alla Nogara Mare passando per la nuova Valsugana e la Valdastico Nord? «Dio ci scampi da un ragionamento del genere, ci riporta indietro di vent’anni, alle opere bloccate per legge. La crisi, e con essa la riduzione dei flussi di traffico, non sarà infinita e quando l’Italia ripartirà non possiamo farci trovare impreparati. Sarebbe catastrofico ». E le opere, nonostante le inchieste, si devono sempre fare in project financing. «Se si vogliono fare, sì. Altrimenti mi dicano dove trovare i soldi».
Come volevasi dimostrare. Per il Veneto le logiche non sono cambiate.
giovedì 25 aprile 2013
SERRACCHIANI: SULLA TAV CHISSO HA PERSO TEMPO
Dopo il mio intervento di ieri , oggi il Corriere del Veneto intervista la nuova presidente del Friuli sulle infrastrutture e i rapporti con il Veneto. Ecco il testo
La neo governatrice Pd parla dei rapporti tra le due regioni e non
risparmia frecciate. I piani per Euregio, porti, turismo: «Adesso
incontro Zaia»
VENEZIA — Duemila voti che
cambiano tutto. Il governo regionale del Friuli Venezia Giulia che con
Debora Serracchiani muta radicalmente colore politico e i rapporti con
le regioni confinanti, soprattutto il Veneto.Presidente Serracchiani, ora che gli equilibri sono diversi come cambierà il coordinamento sulla Tav?
«In meglio visto che finora un vero coordinamento è mancato con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti. La causa è dovuta all'insistenza del vostro assessore Renato Chisso sul tracciato Venezia-Trieste sulle spiagge. Ma la Tav, per come l'abbiamo conosciuta, non esiste più: dobbiamo puntare sul possibile, cioè sulla quadruplicazione della linea ferroviaria e sull'eliminazione dei colli di bottiglia».
E sulle altre grandi infrastrutture come, per esempio, la Terza Corsia?
«La terza corsia è un punto dolente per il Friuli Venezia Giulia. Le scelte della giunta di centrodestra appena caduta hanno determinato uno stallo preoccupante. Penso che sia interesse anche del Veneto avere collegamenti stradali più efficienti anche verso Est, per cui quando tratteremo col governo per il cofinanziamento dell'opera, confido che troveremo sostegno a Palazzo Balbi».
Trieste e Venezia però non collaborano. Sono spesso in competizione tra loro anche sul traffico portuale.
«Rubarsi i traffici è uno spreco di risorse. Nel mondo globale bisogna lavorare su un progetto comune e iniziare a specializzarsi per mettere sul mercato tutta la portualità dell'Alto Adriatico. Per ragioni diverse, finora non è accaduto. Lavorerò perché si vada in questa direzione, a
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